“Quello è il mio Papà!” Il cambiamento della figura del padre nel XXI° secolo
L’inizio del nuovo millennio e del nuovo secolo si sono rivelati un crocevia storico che ha portato numerosi cambiamenti sociali, culturali, tecnologici e di costume.
La rivoluzione del modello di famiglia
Una di queste rivoluzioni la si può osservare nel modello di famiglia, fino a pochi decenni fa infatti il modello preponderante era rappresentato da quella che ancora ad viene definita nucleare, ossia dalla coppia dei genitori biologici e dai loro figli. In pochi decenni di cambiamenti il volto della famiglia è cambiato radicalmente e la nostra realtà quotidiana ci mostra continuamente l’ampio ventaglio di nuove circostanze che oggi possiamo incontrare:
- Famiglie ricostituite: nate dall’unione di due partner i quali, uno o entrambi, hanno già figli da precedenti relazioni.
- Famiglie monogenitoriali: formate dal singolo genitore che si prende cura dei figli, che sia una mamma o un papà.
- Famiglie monoparentali: un’estensione della famiglia monogenitoriale dove ad occuparsi del minore è una figura adulta differente dalla coppia di genitori biologici.
- Famiglie adottive: dove un minore diventa a tutti gli effetti figlio di una coppia genitoriale differente dalla coppia biologica originaria.
- Famiglie omogenitoriali: dove un minore, di diritto o di fatto, diventa a tutti gli effetti figlio di una coppia di persone omosessuali.
Questa è solo una macro osservazione di come è cambiato il modello di famiglia in questi ultimi decenni, ma senza perderci in questo labirinto di novità, facciamo uno zoom su quelli che sono due significativi denominatori comuni per qualsiasi modello di famiglia a cui possiamo fare riferimento.
Materna e Paterna, due funzioni irrinunciabili
Come abbiamo visto in molti degli articoli precedenti, i primi anni di vita di un bambino giocano un ruolo estremamente importante nel suo percorso di sviluppo. In questi anni il neonato crea relazioni con le figure significative che lo circondano, relazioni che egli utilizzerà come modello nella creazione dei suoi personali rapporti futuri. Gli adulti che ruotano intorno al bambino quindi sono chiamati ad assumere due importanti funzioni genitoriali, ovvero due modalità relazionali che guidano il bambino nel suo percorso di crescita: la funzione materna e la funzione paterna.
Facciamo attenzione, non ci stiamo riferendo al ruolo, al legame di tipo biologico necessariamente vincolato alle differenze di genere, ma ci stiamo riferendo in questo caso alle funzioni, le quali non sono vincolate ad una differenza genere e le possono abitare anche altri adulti, non solo i genitori biologici; conosciamole.
Funzione materna
La funzione materna è quella deputata all’accoglienza e all’accudimento.
Materna è chi è in grado di prendersi cura dei bisogni, fisici o psicologici, del bambino sintonizzandosi profondamente con lui. Offre una presenza continua e costante necessaria per rispondere ai bisogni psicologici di sicurezza e fisici di dipendenza del neonato.
Ad essa sono stati attribuiti significati molto discussi quali “contenitore”, “base sicura”, “ricarica emotiva”, grazie ai quali il bambino si sente oggetto di un interesse e di un affetto specifico, che gli permette di sentirsi come qualcosa di prezioso e unico.
Funzione paterna
La funzione paterna è quella deputata alla regolamentazione e all’emancipazione.
Paterno è chi è in grado di istituire delle regole di comportamento, ponendo quei limiti e confini necessari al bambino per potersi muovere all’interno di un caos confusivo che contraddistingue i suoi primi anni di vita, legati in modo indissolubile all’esplorazione e alla scoperta.
Paterno è anche chi incoraggia il piccolo a non indugiare in eterno in una bolla di affetto e sicurezza ma ad uscire e andare alla scoperta del mondo che lo circonda, distaccandosi così da una dipendenza fisica ed emotiva scoprendo e guadagnando la propria individualità e autonomia.
Riepilogando quindi, la funzione materna è legata all’accogliere e alla cura, la funzione paterna è legata al normare e all’indirizzare il bambino nel mondo; ciò che determina queste due funzioni più che una dicotomia di definizione è una complementarietà del loro significato.
Qualunque sia il nostro modello familiare di riferimento è fondamentale che i bambini abbiano a disposizione entrambe queste due funzioni, presupposti fondamentali e necessari alla strutturazione dell’identità e dell’autonomia.
«La madre è la stabilità del focolare, il padre è la vivacità della strada» Donald Winnicott
La trasformazione della figura del Papà
Quindi, dopo questa non breve introduzione vorrei ora fare un piccolo viaggio di approfondimento alla scoperta del cambiamento che si è potuto osservare nel ruolo del papà all’interno del modello di una famiglia nucleare.
Senza entrare nel merito di contesto, società e modelli di riferimento che sono stati dei nodi cruciali di cambiamento in questi decenni, possiamo dire che i papà di una volta erano tutti di un pezzo, uscivano la mattina presto e tornavano la sera tardi senza neanche avere la possibilità di vedere e/o stare con i propri bambini.
Su di loro ricadeva la responsabilità del portare a casa i soldi necessari per vivere, mangiare e vestirsi. La sua figura risultava quindi prevalentemente assente nel percorso di crescita dei figli e il suo ruolo educativo si giocava maggiormente attraverso regole e punizioni, che provocavano timore, senso di colpa e, spesso, una lontananza affettiva.
Coccolare un figlio era considerato da molti uomini un gesto che li rendeva deboli agli occhi degli altri: “perché le coccole sono generalmente considerate una cosa da femmine” e “perché il piccolo viene considerato viziato agli occhi della società giudicante”.
Oggi invece i padri sono molto più presenti e sono diventati protagonisti di una nuova relazione con i propri figli, alla ricerca di un modo propriamente paterno per aiutarli nella loro crescita.
Questa nuova modalità educativa del padre non nega nessuno dei significati precedentemente attribuiti alla funzione paterna, il padre rimane ancora oggi sinonimo di azione, risolutezza, rispetto delle regole, promuove l’autostima e la strutturazione di un’autonomia e della propria identità, ma trova anche una grossa novità nella possibilità di stabilire una connessione emotiva e soprattutto di tenerezza.
Oggi infatti sappiamo che il linguaggio dell’incontro tra due corpi e del contatto fisico non indebolisce per nulla l’immagine maschile autoritaria associata alla figura paterna anzi, è una strada che, se percorsa, facilita la formazione di una connessione emotiva e diventa una fonte di nutrimento incomparabile per la mente e per lo sviluppo del bambino.
Le coccole e le carezze dei papà sono quindi una bella novità nella vita dei figli, modalità relazionali che i papà di un tempo difficilmente hanno saputo e/o potuto sperimentare.
Stiamo assistendo quindi ad un’enorme rivoluzione all’interno delle famiglie, i nuovi genitori partecipano e condividono di più la cura dei figli, il padre si confronta con la madre e, insieme ad essa, accompagna il figlio nella crescita.
Dobbiamo fare attenzione però a non passare da un estremo all’altro, può capitare infatti che riducendo eccessivamente la distanza emotiva il padre finisca per confondere il suo ruolo diventando più un amico che un educatore capace di dire di “no”.
Il nuovo è un padre evolutivo che aiuta la madre a separarsi progressivamente dal figlio e a riemergere da quella regressione che la porta ad essere maggiormente connessa e predisposta a cogliere i bisogni del bambino, ed è un padre che aiuta il figlio ad aprirsi e a scoprire il mondo esterno, ma che sa anche porre dei limiti e comunicare che la regola non è semplicemente un impedimento.
Forte segno di questo passaggio del testimone è stato passare dal sentirci dire dalle nostre mamme «se non la smettete stasera lo dico a papà!» ad un moderno «ne parlo con tuo padre», non siamo più in un contesto paterno di minaccia punitiva, ma di una coesione educativa tra mamma e papà: un gioco di squadra tra loro che ha come finalità l’autonomia dei figli.
Il padre accompagna nelle scoperte, con un sorriso rimette i figli in piedi quando questi cadono, indica loro la meta, la direzione e non impedisce al figlio di rischiare, di fare da solo e mettersi alla prova, ma non si allontana neanche mai troppo, rimane vicino e gli dimostra personalmente che è possibile provare a farcela, ma anche che fallire è umano e non è la fine del mondo.
Per fare questo i nuovi papà devono mettersi in gioco totalmente nella relazione con i propri figli, sia in senso metaforico ma anche letterale.
Cari papà, siete pronti quindi a tornare a giocare sul tappeto e a rotolarvi per terra?
E se pensate di non essere più capaci, di non ricordarvi come si fa e/o di essere troppo grandi o troppo vecchi, allora non abbiate paura di chiedere aiuto ai vostri figli, osservateli, sdraiatevi a terra con loro, lasciate che siano loro a mostrarvi e a spiegarvi come si fa, diventeranno per voi i maestri migliori che possiate mai desiderare.
Così, prima ancora di quanto possiamo immaginare, sentiremo sempre più bambini nei parchi urlare con orgoglio «quello è il mio papà!» indicando il proprio padre mentre è impegnato a giocare in un’avvincente battaglia con un gruppo di bambini, che lo hanno oramai circondato da tutti i lati… chi vincerà!?
Buon divertimento e, soprattutto, buona avventura l’uno alla scoperta dell’altro!
Per maggiori informazioni scrivete una email a centrolatrottola@gmail.com o visitate la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.
Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor
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