PDP: Piano didattico personalizzato
P.D.P, no, non sono le lettere di un codice fiscale, sono la chiave per realizzare una didattica propriamente inclusiva.
P.D.P è l’acronimo di Piano Didattico Personalizzato, è destinatoa tutti quegli studenti che, in mancanza di strategie specifiche, non riuscirebbero ad apprendere in maniera efficace e ad avere successo in ambito scolastico. Al suo interno viene redatto in maniera dettagliata un percorso formativo destinato agli studenti con difficoltà di apprendimento (D.S.A) o con Bisogni Educativi Speciali (B.E.S).
Analizziamo attentamente l’acronimo.
- P di Piano: progetto, è un vero e proprio contratto, che viene condiviso tra insegnanti, istituzioni scolastiche e socio-sanitarie e famiglia dello studente.
- D di Didattico: lo scopo della didattica è il miglioramento dell’efficacia e soprattutto dell’efficienza dell’apprendimento dell‘allievo, che comporta, quindi, una diminuzione dei tempi di studio.
- P di Personalizzato: tiene conto dei bisogni specifici di apprendimento dell’alunno, è come un abito cucito su misura. Tiene conto delle difficoltà e dei punti di forza di ogni singolo alunno.
Normativa di riferimento
All’interno della legge 170/2010, si stabilisce che gli studenti con D.S.A e/o B.E.S hanno il diritto di vedere applicate misure educative e didattiche di supporto, di avere una didattica individualizzata e personalizzata.
Il P.D.P è un documento previsto dal Ministero dell’Istruzione creato in base al Decreto Ministeriale 5669 del 12/07/2011; serve per accordarsi sulla didattica specifica da attuare a scuola per alunni con Bisogni Educativi Speciali e DSA.
“Per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento” vengono fornite le indicazioni fondamentali “per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, nonché per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative”.
È obbligatorio?
Innanzitutto è doveroso fare una distinzione tra B.E.S e D.S.A.
Per quanto riguarda gli alunni con B.E.S la direttiva ministeriale del 27/12/12 distingue tre sottocategorie di Bisogni Educativi Speciali: disabilità, Disturbi Specifici di Apprendimento (D.S.A) ed evolutivi specifici, e svantaggio socio-economico, linguistico o culturale. Nella categoria di B.E.S, in particolare, possono esserci deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività (A.D.H.D); in altri casi, invece, sono riconducibili a diverse forme di svantaggio derivante da disagi economici e sociali, linguistici o culturali, come ad esempio i bambini e i ragazzi che vivono importanti forme di marginalità o che sono da poco arrivati in Italia.
I D.S.A, fanno parte dei Bisogni Educativi Speciali, sono i disturbi specifici di apprendimento, quali dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia. Meritano una citazione a parte, perché, se nella maggior parte dei casi di B.E.S, il PDP non è obbligatorio, ma è deciso dal Consiglio di Classe, per i D.S.A ha carattere obbligatorio, come previsto dalla legge.
Quando va redatto e da chi?
Il P.D.P va da redatto dal Consiglio di Classe, ad inizio di ogni anno scolastico, proprio perché è un piano personalizzato non si può pensare di stilarne uno che vada bene per tutto il percorso di studi. Anzi, proprio in funzione di questa caratteristica, gli obiettivi del P.D.P possono essere modificati in corso d’anno. Infatti, se l’alunno in seguito all’osservazione ed al monitoraggio, mostra dei cambiamenti nel suo stile di apprendimento, questi necessitano di essere registrati nel documento, al fine di adeguare le strategie.
Negli ultimi anni, negli istituti scolastici esiste la figura del referente D.S.A d’istituto, un insegnante che ha una formazione specifica sui D.S.A e fornisce supporto ai colleghi su normativa, strategie e strumenti utilizzabili. Quest’ultimo si è rivelata una figura di supporto al Consiglio di Classe.
Il P.D.P va stilato nel primo trimestre dell’anno scolastico, quindi deve essere pronto entro e non oltre la fine di Novembre.
L’iter che porta alla stesura del Piano Didattico Personalizzato prevede 3 fasi:
- Incontro dei docenti con la famiglia e lo specialista.
- Stesura del documento da parte del Consiglio di Classe.
- Condivisione con la famiglia, che deve prendere visione e firmare il documento. Come conferma il Dottor Guido dell’Acqua, referente del MIUR per l’area B.E.S, i familiari possono richiedere una copia del P.D.P per poterne prendere visione tra le mura domestiche e farlo leggere agli specialisti che seguono lo studente.
Cosa contiene il PDP
- Dati anagrafici dell’alunno.
- Tipologia del disturbo.
- Attività didattiche personalizzate.
- Valutazione iniziale delle abilità dell’alunno.
- Valutazione del comportamento dello studente nei vari contesti in cui è inserito.
- Caratteristiche del processo di apprendimento.
- Tecniche di studio utilizzate dal ragazzo.
- Obiettivi specifici di apprendimento.
- Strategie, metodologie e attività didattiche.
- Misure dispensative e strumenti compensativi.
*Dispensare: Evitare all’alunno i compiti più difficili; come per esempio dispensare dalla lettura ad alta voce.
*Compensare: fornire all’alunno strumenti idonei, che gli permettano di essere autonomo nello studio; come ad esempio la Tavola Pitagorica.
- Criteri e modalità di verifica e valutazione;
- Patto con la famiglia.
E se la scuola non fa il suo lavoro?
Il P.D.P, come già detto in precedenza, ha carattere obbligatorio; se questo non viene redatto entro i tre mesi successivi alla consegna della diagnosi all’istituto scolastico, la famiglia può chiedere un colloquio con il coordinatore di classe, il referente DSA e, se è il caso, anche con il dirigente scolastico. Senza P.D.P non ci può essere inclusione scolastica, soprattutto è una violazione di una norma di legge.
Dott.ssa Sabrina Conti – Educatrice socio-pedagogica – DSA ADHD
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