Quando si parla di disturbi emotivi e del comportamento, facciamo riferimento a una serie di difficoltà nella gestione di comportamenti ed emozioni che comportano gravi ripercussioni sulla vita scolastica/lavorativa e sociale.
In età evolutiva, i disturbi del comportamento si distinguono in esternalizzanti ed internalizzanti.
Nella prima classe rientrano i problemi che si contraddistinguono per il fatto che il disagio del bambino o dell’adolescente si riversa verso l’esterno, provocando una situazione di disturbo nell’ambiente circostante. Rientrano in questa categoria problemi come difficoltà di gestione della rabbia e dell’aggressività, problemi di concentrazione, impulsività e iperattività (Disturbi della Condotta, Disturbo Oppositivo-Provocatorio, Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività).
I disturbi internalizzanti, al contrario, sono caratterizzati da sintomi di ipercontrollo sui propri stati interni emotivi e cognitivi in modo eccessivo o inappropriato. Essendo, anche per definizione, interni, sono difficili da individuare esclusivamente da un’osservazione esterna. Rientrano in questa categoria i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore, disturbi ossessivi e psicosomatici.
Psicoterapia cognitivo-costruttivista
La psicoterapia cognitiva focalizza il suo intervento sui processi psicologici di genesi e mantenimento dei disturbi emotivi e comportamentali. L’idea fondamentale di questo tipo di approccio è che cambiando determinati elementi del modo con cui l’individuo interpreta ciò che gli accade, sia possibile cambiare gli aspetti comportamentali ed emotivi del problema in questione. Le terapie cognitive condividono tre assunti fondamentali:
- l’attività cognitiva influenza il comportamento;
- l’attività cognitiva può essere monitorata e modificata;
- il cambiamento di comportamento desiderato può essere facilitato attraverso il cambiamento cognitivo.
Su tali basi, gli autori Vittorio Guidano e Giovanni Liotti, integrano l’approccio cognitivista introducendo una concezione della conoscenza personale in termini costruttivisti, ponendo l’enfasi sulla dimensione “attiva, generativa e intenzionale dei processi della conoscenza individuale”.
Gli autori assumo la teoria dell’attaccamento come matrice concettuale atta a delineare il contesto interpersonale, nell’ambito del quale prende forma e si sviluppa la conoscenza individuale. Assumendo la relazione madre-bambino come contesto di sviluppo della conoscenza di sé e del mondo, è sulla relazione che si focalizza l’intervento terapeutico.
L’enfasi sulla natura relazionale della mente e del suo sviluppo si focalizza quindi sulle dinamiche interpersonali di attaccamento per la comprensione della psicopatologia e il ruolo sovraordinato della relazione terapeutica nel trattamento.
In età evolutiva, l’obiettivo è quello di raggiungere una prima condivisione del significato relazionale del sintomo sia con il bambino che con i genitori. Su questa diagnosi esplicativa si definiscono gli obiettivi d’intervento e le tecniche che verranno utilizzate. Nella psicoterapia dell’età evolutiva, in particolare modo nei casi in cui il bambino sia molto piccolo, si richiede l’attiva collaborazione delle figure genitoriali che, affiancandosi alla figura dello psicoterapeuta svolgono il ruolo di co-terapeuti.
Nell’approccio cognitivo-costruttivista si utilizzano tecniche indirizzate, in primo luogo, a individuare i pensieri e le emozioni sottostanti i comportamenti problematici, attraverso l’utilizzo di strumenti di autosservazione come diari o griglie di osservazione focalizzate sugli antecedenti e conseguenti dei comportamenti problematici.
Successivamente si applicano tecniche d’intervento finalizzate all’autocontrollo, come il Self Instructional Training, alla modificazione dei pensieri disfunzionali o alla gestione dell’ansia come la Desensibilizzazione Sistematica , la Mindfulness e il Rilassamento Muscolare Progressivo.