“Nostro figlio non parla ancora, dobbiamo preoccuparci?”
Rispondere a questo quesito non è mai semplice nemmeno per noi terapisti perché, malgrado le tappe tipiche del linguaggio siano state da tempo individuate (10-14 mesi le prime parole, 24 mesi le prime combinazioni), prima dei 36 mesi vi è una notevole variabilità tra i vari bambini.
Differenti studi hanno infatti dimostrato che tra i bambini che prima dei 30/36 mesi non parlano ancora (13-20%) solo il 3-5% evolverà in un Disturbo Specifico di Linguaggio, mentre i restanti recupereranno completamente il gap che avevano con i coetanei, quest’ultimi vengono definiti “late bloomer”, parlatori tardivi.
“Nostro figlio ha difficoltà nel linguaggio, cosa possiamo fare?”
Superati i 36 mesi vi è una minore variabilità e si possono indicare, con maggiore sicurezza, quando sarebbe utile effettuare una valutazione logopedica:
3 Anni:
- non comprende comandi di due frasi
- ripete ad eco le domande e non chiede le cose
- utilizza frasi telegrafiche, spesso incomprensibili
- non guarda negli occhi
4 Anni:
- padronanza di pochi fonemi semplici (5 o 6 in tutto) e la sostituzione di altri con suoni pass-partout non fissi
- termini spesso incomprensibili per le molte dislalie (contrazioni di parole, elisioni di molti fonemi)
- frasi semplificate senza articoli né preposizioni, con il verbo all’infinito
5 anni:
- difficoltà nella comprensione linguistica
- assenza di competenza narrativa
- inventario fonetico incompleto e con processi fonologici
Importantissimo, in qualsiasi fascia d’età, ricordarsi di non definire mai il bambino pigro/furbo e non correggerlo o chiedergli di ripete, ma riformulare le sue frasi in maniera adeguata (es. “mamma, cane magia osso”, “vero, il cane mangia l’osso!”).
Ma cos’è un Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL)?
E’ innanzitutto importante ricordare che un ritardo nello sviluppo del linguaggio non è affatto un indice di ritardo nello sviluppo cognitivo.
I bambini con disturbi specifici di linguaggio presentano difficoltà, di vario grado, nella comprensione, produzione e uso del linguaggio, in assenza di problematiche cognitive e percettive (motivo per il quale è indispensabile richiedere per prima cosa una visita audiometrica, per escludere problematiche uditiva).
In Italia i Disturbi specifici del linguaggio sono molto diffusi: interessano il 10% dei bambini in età prescolare e il 5-6% dei bimbi in età scolare.
Fondamentale in questi casi è una presa in carico precoce, che possa stimolare la comunicazione del bambino e aiutare la famiglia ad attuare strategie adeguate e ad estinguere quelle inefficaci.
Come distinguere i “late bloomers” dai “disturbi del linguaggio”?
Malgrado, come precedentemente detto, prima dei 36 mesi vi sia una forte variabilità, sarebbe importante non attendere di raggiungere questa soglia prima di intervenire, poiché si potrebbero perdere delle occasioni preziose per cogliere le eventuali difficoltà e stimolare precocemente la comunicazione del bambino.
Durante l’anamnesi e valutazione logopedica la logopedista cerca innanzitutto di individuare, se presenti, i seguenti fattori di rischio:
- familiarità per ritardo/disturbo di linguaggio (se uno dei genitori o fratelli ha avuto disturbi del linguaggio)
- presenza di otiti ricorrenti nei primi due anni di vita
- difficoltà di comprensione del linguaggio verbale
- produzione inferiore alle 10 parole a 24 mesi e assenza di combinazione di due parole ai 30 mesi
In un secondo momento la logopedista svolge degli incontri di valutazione con il bambino e, mediante l’osservazione di gioco e l’utilizzo di test standardizzati, ne comprende i punti di forza e debolezza.
Durante la restituzione con i genitori, in base a quanto risultato dalla valutazione effettuata, si deciderà se intraprendere un trattamento diretto o indiretto con il logopedista o mantenere solo delle visite di controllo per monitorare lo sviluppo cognitivo/linguistico del bambino.