Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

Guarda la brochure

genitori e bambini

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta,
ma pochi di essi se ne ricordano”
(Antoine de Saint-Exupéry)

Quando sta per nascere un bambino la prima emozione che si trasmette è quell’agitazione frenetica incontrollabile che ti pervade dalla testa ai piedi, una gioia pura.

Immediatamente dopo la gioia però subentrano tutte le ansie, le domande, i dubbi, soprattutto se il figlio che sta per nascere è il primo.

Come sarà? Quando sorriderà per la prima volta, quando dirà le prime parole, quando farà i primi passi? Saprò dargli ciò di cui ha bisogno ed essere un buon genitore?

E’ importante sottolineare che non c’è un esatto momento specifico in cui una determinata cosa deve accadere, esistono però delle fasi di crescita, ovvero degli intervalli temporali in cui i bambini sono più propensi ad acquisire determinate capacità, ma è bene ricordare che ciascuno cresce e acquisisce i vari step evolutivi con il proprio tempo e con i propri ritmi.

Nell’articolo di oggi vorremmo quindi mostrarvi alcune delle principali tappe psicomotorie coinvolte nelle fasi della crescita dalla nascita al compimento del terzo anno d’età, ricordando che nello sviluppo sono coinvolte tutte le aree e di come lo sviluppo di ciascuna area abbia una forte influenza sullo sviluppo di tutte le altre.

Da 0 a 6 mesi

Nei mesi immediatamente successivi al parto il bambino è soggetto di una crescita e di uno sviluppo fisico notevole, i genitori sono testimoni meravigliati del fatto che il loro bambino cresce di giorno in giorno.

Il bambino nel momento della nascita è sottoposto ad un trauma, nel passaggio dall’utero materno al mondo esterno inizia a sperimentare su sé stesso una grande quantità di propriocezioni (quelle informazioni mandate al nostro cervello che provengono dall’interno del nostro corpo) e di esterocezioni (quelle informazioni mandate al nostro cervello che provengono dall’esterno del nostro corpo).

Proviamo a pensare come per la prima volta il bambino sperimenti la forza di gravità, come per la prima volta il bambino “senta il pesodel proprio corpo muoversi, i singoli muscoli contrarsi e rilassarsi, i suoni e la luce non sono più ovattati ma diretti e pungenti, deve ancora conoscerli, viverli, sperimentarli.

Ecco, appena nato un bambino sperimenta, si ascolta, si conosce ed è sorprendente la sua capacità di assimilare tutto quello che lo circonda e lo influenza, anche se apparentemente sembra interagire poco con l’ambiente e si limita a piangere quando qualcosa lo infastidisce.

Nei primi mesi si sviluppano i cinque sensi, in particolare significativo è lo sviluppo della vista, primo strumento conoscitivo in questa fascia temporale assieme al tatto che si gioca nel rapporto affettivo corporeo tra il bambino e i genitori, e dell’udito.

VISTA Sin dalla nascita il bambino è in grado di mettere a fuoco una distanza di 20-25 cm, la distanza che si viene a creare tra gli occhi del bambino e della madre durante l’allattamento; non è quindi in grado di focalizzare un oggetto a grande distanza perché gli occhi non lavorano ancora insieme, ma ciascuno per contro proprio (per questo si parla di strabismo neonatale).

Questo avviene fino a quando i muscoli che muovono e coordinano l’orientamento degli occhi non si sono abbastanza sviluppati da poter permettere la prima visione binoculare (generalmente entro il primo o il secondo mese) e poter permettere quindi di iniziare a seguire gli oggetti in movimento per periodi più lunghi.

Sin dalla nascita è in grado di vedere i colori, ma avrà difficoltà a distinguere tonalità simili (es. rosso e arancione), per questo preferiscono inizialmente il bianco e il nero e i colori tra loro molto contrastanti.

Fra i due e i quattro mesi comincerà a notare le differenze tra sfumature simili e mostrerà preferenze per i colori primari più chiari. Intorno a quattro e cinque mesi comincerà a sviluppare la percezione della profondità facendo sempre più sua l’esperienza di lontananza dagli oggetti, sarà quindi più bravo ad individuare oggetti molto piccoli e a seguire gli oggetti in movimento.

UDITO Il bambino è in grado di sentire fin dalla nascita, all’inizio darà molta più attenzione alle voci, specialmente a quelle acute, reagendo a voci e suoni più familiari. A tre mesi, grazie alla crescita ed allo sviluppo del lobo temporale (sede di udito, linguaggio e olfatto), il bambino reagirà alla tua voce guardandoti e cercando di risponderti a suo modo.

A cinque mesi, oltre a riconoscere il suo nome, sarà anche in grado di capire da dove provengono i suoni, voltandosi per cercarne l’origine. Crescendo il bambino, attraverso l’udito, attingerà ad un grande numero di informazioni sul mondo che andranno a stimolare lo sviluppo del suo cervello e saranno tasselli fondamentali che porteranno a importanti traguardi di crescita.

MOTRICITÀ – I primissimi mesi dopo la nascita sono caratterizzati dalla presenza di gesti motori a scatti, la maggior parte dei quali sono riflessi incontrollati che scompariranno in pochi mesi con la maturazione del sistema neuronale.

Dal terzo mese comincia ad acquisire il controllo dei movimenti del collo, a sollevare la testa e il busto quando viene messo sulla pancia, quando è sulla schiena invece calcia e allunga le gambe e con le mani si allunga verso oggetti che dondolano e comincia ad afferrarli e a scuoterli (inizio sviluppo coordinazione occhio-mano).

Verso la fine del quarto mese controlla sempre meglio i movimenti del collo, si rotola su sé stesso (dalla pancia alla schiena), è in grado di muovere contemporaneamente entrambe le mani e di portare oggetti e i propri piedini alla bocca così da poterli esplorare.

Alla fine del quinto mese comincia a sperimentare a rimanere in posizione seduta senza supporto ed inizia ad usare le mani come un rastrello per avvicinare a sé i giocattoli.

crescere insieme

Da 6 a 12 mesi

Dai sei mesi in poi tutto per il bambino diventa una palestra, i movimenti si fanno sempre più volontari e controllati, è più vigile nei confronti di ciò che lo circonda, riconosce un volto familiare da uno sconosciuto e inizia così la maturazione affettiva e relazionale.

VISTA – Tra gli otto e gli undici mesi la capacità visiva, in termini di chiarezza, percezione della profondità e visione tridimensionale, è al pari di quella degli adulti e gli occhi potrebbero aver raggiunto il loro colore definitivo.

MOTRICITÀ – E’ la fase di crescita di maggiore sperimentazione corporea e motoria, comincia a mantenere la posizione seduta senza bisogno di appoggi per tempi sempre più prolungati, e liberando le mani dalla loro funzione di appoggio e sostegno è libero di utilizzarle per sperimentare.

Si sviluppano così la prensione e il rilascio di oggetti, la motricità digitale e inizia a sperimentare ed a sviluppare la presa a pinza, evolvendo da quella inferiore a quella superiore al termine del decimo mese.

Grazie ad un maggiore coinvolgimento delle mani nelle sue attività si sviluppa sempre più la coordinazione occhio-mano, si diverte a prendere gli oggetti ed a lanciarli e inizia a sviluppare i primi spostamenti orizzontali: strisciare e gattonare.

Tra 10 e 12 mesi il bambino comincia ad alzarsi in piedi, inizialmente con appoggio facendo i primi passi mantenendo gli appoggi (navigazione costiera) per poi pian piano toglierli e fare i primi passi in autonomia con base dei piedi allargata.

RELAZIONE – Intorno all’ottavo mese il bambino sviluppa l’angoscia per l’estraneo, comincia a distinguere gli estranei dalle persone conosciute, comincia quindi a mostrare timidezza e a maturare l’intelligenza affettiva. Cominciano anche a svilupparsi i gesti deittici (mostrare, chiedere, dare) attraverso i quali vengono espresse le prime intenzionalità comunicative.

Da 12 a 24 mesi

L’acquisizione della deambulazione autonoma segna un passo fondamentale nello sviluppo di ciascun bambino, grazie al quale si avviano i processi di separazione-individuazione, di esplorazione dello spazio e di indipendenza (movimento, gioco, alimentazione, sonno).

MOTRICITÀ – Il cammino si fa pian piano sempre più preciso, abbandona la base allargata acquisendo sicurezza e coordinando così la vista alla deambulazione; a 16 mesi perfeziona il senso di equilibrio, a 18 sperimenta molti cambi posturali (seduto-standing) provando anche a saltare senza però staccarsi da terra.

A 22-24 mesi la motricità grossolana è molto sicura, per cui il bambino può iniziare a correre, salire  e scendere le scale da solo, arrampicarsi grossolanamente sui mobili e saltare staccando un poco i due piedi da terra. Muovendosi liberamente il bambino esplora lo spazio cominciando a sperimentarne l’orientamento (vicino, lontano, sopra, sotto),

RELAZIONE –  Gli piace ripetere suoni e gesti e si diverte a imitare le persone quando gioca, mostrando già alcune preferenze verso particolari giochi o persone. Gattonando il bambino (intorno agli 8 mesi) comincia ad allontanarsi dalla madre, senza mai perderla di vista di modo da sapere che può tornare da lei per una ricarica affettiva in qualsiasi momento.

Questo momento segna l’inizio del processo di differenziazione corporea dalla madre e di crescita delle funzioni dell’Io. Quando acquisisce la deambulazione avviene il secondo passaggio, quello più marcato, in cui l’attenzione del bambino è concentrata sulla sua relazione con il mondo che lo circonda e considera la madre come una casa-base dove poter ritornare emotivamente ogni qual volta ne sentisse il bisogno.

Tra 18 e 24 mesi il bambino si rende conto di essere piccolo in un mondo molto grande, questa presa di coscienza segna la perdita del senso di onnipotenza e la ricomparsa di un’angoscia da separazione, riconoscendo a questo punto la madre come una persona autonoma e separata da lui.

COGNIZIONE – Si ritrova a sperimentare l’utilizzo degli oggetti in molti modi diversi, ma anche ad utilizzarli in modo funzionale.

Comprende e risponde ai “NO” e a semplici richieste (es. guarda verso un’oggetto conosciuto quando viene nominato), iniziando a prestare crescente attenzione verso i discorsi, iniziando ad interessarsi ai coetanei e agli adulti che lo circondano.

gioco bambino

Da 24 a 36 mesi

Nei primi due anni il bambino vive e sperimenta quante più esperienze possibili, queste esperienze creano delle connessioni neuronali nel sistema nervoso, ovvero dei percorsi biologici che mi dicono di un’esperienza vissuta.

Attorno ai 24 mesi avviene il fenomeno di pruning, ovvero una selezione ed eliminazione di tutte le connessioni neuronali meno utilizzate e significative, questo fenomeno risulta un momento cruciale per lo sviluppo e ci aiuta a comprendere quanto siano importanti tutte le esperienze che il bambino vive nei suoi primi 2 anni.

MOTRICITÀ – A livello motorio è sempre più sicuro ed intraprendente, sale e scende le scale alternando i piedi, salta correttamente, inizia a pedalare ed è in grado di tenere in mano giocattoli anche mentre cammina.

Incomincia a mostrare interesse ed a sperimentare azioni quali disegnare, tagliare ed incollare, riesce a completare piccoli puzzle ed a costruire delle piccole torri.

Il focus dello sviluppo motorio passa quindi da un livello grossolano (generalmente appreso) ad uno più controllato (sia per quanto riguarda la motricità di spostamento sia per quella di manipolazione).

RELAZIONE – E’ il periodo in cui socializza con adulti e coetanei, svolgendo diverse attività in cooperazione con altri bambini, iniziando quindi a sperimentare e vivere il concetto della regola e dell’attesa (aspettare il proprio turno nel gioco).

E’ più consapevole della sua individualità, inizia infatti a rendersi conto della differenza di genere e dimostra una sempre maggiore indipendenza nelle abilità di vita quotidiana (vestirsi, svestirsi, mangiare, andare in bagno).

COGNIZIONE – Lo sviluppo del sistema nervoso, grazie anche all’influenza delle esperienze vissute, determina uno sviluppo degli aspetti cognitivi, infatti è in grado di discriminare per forma, colore, dimensione e categoria, indica oggetti e disegni su richiesta, comincia a riconoscere nomi, oggetti familiari e parti del proprio corpo.

Approfondisce la conoscenza di sé stesso, il suo sesso, la sua personalità, le competenze in suo possesso e le emozioni che vive.

Siamo giunti in fondo al secondo anno! Quante cose dette e quante altre ancora ce ne sarebbero da dire.

Vi aspettiamo quindi nel prossimo post in cui vi proporremo dei giochi e delle attività pensate appositamente per bambini tra zero e tre anni!

Contattaci se sei interessato ad avere più indicazioni

Dott.ssa Alice Bellini, Logopedista

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

late talkers

Numerosi studi nel corso degli anni hanno a portato a individuare delle tappe fondamentali di sviluppo linguistico che, nei primi anni di vita, scandiscono il ritmo di crescita del linguaggio di ogni bambino normotipico.

È possibile però che non tutti i bambini le raggiungono con le stesse modalità e negli stessi tempi: essendo la variabilità intersoggettiva molto alta, è possibile osservare differenze significative legate al singolo bambino rispetto alla comparsa e allo sviluppo del linguaggio.

Quando alcuni individui non raggiungono alcune tappe di sviluppo linguistico oppure lo fanno con molto ritardo possono essere definiti late talkers o late bloomers: sono bambini che non presentano particolari deficit nelle aree uditiva, cognitiva e relazionale, ma che sviluppano il linguaggio tra 24 e 36 mesi. (Rescorla, 1989; Rescorla e Alley, 2001)

I bambini Parlatori Tardivi sono definiti in una varietà di modi perché il termine PT non è un’etichetta diagnostica, infatti alcuni bambini, anche senza trattamento logopedico, rientrano nei normali valori di sviluppo del linguaggio.

Tappe di sviluppo del linguaggio

I neonati da 0 a 3 mesi comunicano attraverso piccole interazioni come sorrisi, scambi di sguardo con la mamma, versi e gorgoglii. Verso i 6/7 mesi compare la lallazione, cioè la ripetizione di alcuni suoni della lingua materna (pa-pa, ma-ma); intorno ai 12 mesi invece i bambini iniziano a produrre le prime parole legate alla loro sfera affettiva e alla quotidianità.

A partire dai 12 mesi inizia lo sviluppo del lessico, che a 18 mesi diventa sempre più ampio e vario (si parla di una vera e propria “esplosione del vocabolario“). Quando vogliono comunicare qualcosa, i bambini di questa età producono delle frasi olofrastiche cioè formate da una sola parola.

A partire dai 24 mesi, dopo aver raggiuto e completato pienamente le precedenti tappe di sviluppo, i bambini iniziano a fare una ricombinazione lessicale, producendo delle frasi formate da 2 o 3 parole accostate tra loro. La tappa di sviluppo dei 24 mesi è fondamentale: a questa età i bambini dovrebbero aver raggiunto la capacità di formare delle piccole combinazioni frasali.

Late talkers: caratteristiche e peculiarità

Quando un bambino, in assenza di deficit di tipo sensoriale o cognitivo, presenta un ritardo significativo nell’acquisizione delle tappe di sviluppo linguistico a 24 mesi possiamo parlare di late talker: un parlatore tardivo, cioè un bambino che a 24 mesi non ha ancora sviluppato un vocabolario di 50 parole e non presenta un linguaggio di tipo combinatorio (non produce piccole frasi).

Essere un late talker non significa necessariamente sviluppare una patologia di tipo linguistico. Nella maggior parte dei casi, infatti, il bambino parlatore tardivo intorno ai 36 mesi compie uno spiccato salto linguistico: è come se finora avesse soltanto interiorizzato la comprensione e la produzione delle parole, fino alla sbocciatura intorno ai 36 mesi a partire dalla quale inizia a produrre diverse parole e frasi molto rapidamente, arrivando a colmare il gap raggiungendo lo stesso livello linguistico di bambini che usavano un linguaggio combinatorio già dai 24 mesi.

Late talkers

L’evoluzione linguistica dei late talkers

I bambini late talkers, ossia parlatori tardivi possono evolvere in due modalità differenti:

  1. La maggior parte dei late talkers raggiunge adeguate competenze linguistiche entro i 36 mesi. Sono i cosiddetti “late bloomers”, ossia bambini che “sbocciano” in ritardo ma che recuperano completamente il gap con i coetanei;
  2. In una percentuale minore nei late talkers le difficoltà linguistiche possono persistere oltre i 36 mesi: per questi bambini il ritardo iniziale si struttura ed evolve in Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL).

Non potendo sapere chi, tra i bambini late talkers, recupererà spontaneamente diventando late bloomers e chi invece svilupperà un DSL, i recenti studi dimostrano l’efficacia in un intervento di tipo precoce a discapito della precedente tendenza “wait and see”, aspetta e osserva.

Il logopedista è il professionista che effettua una valutazione delle competenze comunicative e linguistiche del bambino: attraverso il bilancio è in grado di individuare punti di forza e di debolezza del singolo, fornire strategie comunicative ai genitori utili a supportare il corretto sviluppo linguistico, definire la necessità e la modalità dell’intervento.

È sempre consigliabile eseguire successivi follow-up nel tempo delle competenze linguistiche del bambino per verificare gli esiti del trattamento designato e lo sviluppo linguistico.

Late talkers: alcuni consigli

Qui di seguito vi proponiamo alcuni consigli pratici per stimolare il linguaggio nei late talkers:

  • Leggere è uno dei modi migliori per stimolare lo sviluppo del linguaggio. Il libri devono avere molte figure e il linguaggio utilizzato deve essere quello quotidiano e adatto all’età del bambino; è importante leggere senza semplificare ulteriormente la morfo-sintassi o ridurre il lessico.
  • Rendere il bambino partecipe delle attività quotidiane è un’ottima occasione per stimolare il linguaggio: verbalizzare gli oggetti e le esperienze con cui viene in contatto.
  • Condividere l’attività del gioco con il bambino come ad esempio durante il gioco simbolico: stimola il bambino a trovare un collegamento con la realtà e a sviluppare la capacità di astrazione.

È doveroso sottolineare l’importanza di una presa in carico precoce effettuata esclusivamente da professionisti del settore.

Il Centro La Trottola offre la possibilità di effettuare consulenze e valutazioni specifiche mirate all’individuazione precoce dei ritardi di linguaggio per informazioni contattaci per email centrolatrottola@gmail.com

Neuropsicomotricista

Ci capita spesso di fare conoscenza con qualcuno di nuovo, dopotutto la nostra vita è fatta di tante persone e di tanti incontri. Nel momento in cui ci si conosce, una tra le prime domande che ci si fa è:

“Che lavoro fai?” C’è chi risponde Ingegnere, medico, architetto, infermiera, casalinga e poi ci sono io: Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, o “semplicemente” Neuropsicomotricista.

Le reazioni il più delle volte sono facce stranite, sorrisi curiosi, sguardi perplessi che portano, automaticamente, ad un’altra domanda “Precisamente di che cosa ti occupi?”

Vediamolo assieme.

Il neuropsicomotricista chi è?

Il neuropsicomostricista è un terapista che lavora sia in ambito sanitario-riabilitativo con bambini che presentano difficoltà o disabilità, sia in ambito educativo-preventivo in collaborazione con asili nido, scuole dell’infanzia e scuole primarie.

La definizione tecnica la possiamo trovare nel Decreto Ministeriale Sanità del 17 Gennaio 1997, N. 56:

“Il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge, in collaborazione con l’équipe multi professionale di neuropsichiatria infantile e in collaborazione con le altre discipline dell’area pediatrica, gli interventi di prevenzione, terapia e riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili, nelle aree della neuropsicomotricità, della neuropsicologia e della psicopatologia dello sviluppo (…)”.

La professione del Neuropsicomotricista è molto particolare per due principali motivi:

  • E’ nuova; nasce come corso di laurea per la prima volta nel 2004.
  • Il neuropscimotricista è una figura professionale esclusivamente italiana, nei paesi esteri non è presente.

Il Neuropsicomotricista che cosa fa?

Il Neuropsicomotricista è un professionista sanitario rivolto in modo esclusivo all’età evolutiva, nella fascia 0-18 anni. E Può svolgere due tipi di intervento:
⦁ riabilitativo specifico, rivolto non tanto ai deficit, ma all’integrazione delle competenze emergenti, incluse quelle atipiche, al potenziamento delle capacità e alla valorizzazione delle potenzialità del singolo bambino.
⦁ educativo/preventivo, rivolto a qualsiasi bambino, a prescindere dalla presenza di difficoltà o disabilità, poiché è attraverso il movimento ed il proprio corpo che il bambino può conoscersi e crescere nella sua globalità, integrando affetti, relazioni, comportamenti e capacità cognitive.

Il Neuropsicomotricista è quel professionista che valuta il livello di sviluppo del bambino, osservando attentamente tutte quelle aree che descrivono il suo funzionamento: come esplora e interagisce con l’ambiente, in che modo si rapporta e comunica con gli altri, quali giochi predilige e quali sono le sue modalità di gioco, quali competenze ha acquisito e in che modo vengono utilizzate.

Queste e molte altre aree di osservazione vengono valutate all’interno di quelle che sono conosciute come le aree di sviluppo: motricità globale e fine, affettivo-relazionale, ludica, comunicativo-linguistica, cognitiva, comportamentale.

Quella del Neuropsicomotricista è una figura molto particolare perché ha una visione totalmente unica del bambino che viene considerato non in modo settoriale, ma nel suo insieme.
Tutte le aree sopracitate infatti sono interconnesse e interdipendenti tra di loro, ogni area è influenzata ed influenza tutte le altre lungo tutto il corso dello sviluppo.

Il bambino è visto quindi come un  essere di globalità, che può manifestare e realizzare se stesso attraverso la pienezza della propria azione (il gioco!) nel mondo.

Il gioco è il modo più facile per poter “lavorare” con un bambino, facendo in modo che lui si diverta e impari divertendosi, perché un bambino contento è un bambino che gioca e un bambino che gioca è un bambino che impara, e tanto anche!

Giocare è una cosa seria! E’ una considerazione che può lasciare un po’ perplessi, ma proviamo a pensarci per un momento.
In che modo il bambino cresce?
In che modo il bambino apprende nuove competenze e consolida quelle già acquisite?
In che modo impara a comprendere ciò che lo circonda e ad affrontare le difficoltà a cui può andare incontro?

Muovendo il proprio corpo nello spazio, rapportandosi con gli altri, esplorando la sua autonomia. E tutto questo fa parte del gioco.

Il gioco è l’attività più stimolante e divertente per un bambino e noi Neuropsicomotristi lo consideriamo fondamentale!
Infatti all’interno del nostro setting le attività ludiche che proponiamo sono fase-specifiche.

Cosa significa?

Significa che le nostre proposte sono modulate in base alle competenze e alle esigenze di ciascun bambino, di modo che risultino personalmente calibrate, motivanti e che permettano al bambino di svolgere un lavoro specifico: non possono essere troppo semplici, devono trasformarsi in una sfida, ma non possono essere neanche troppo difficili altrimenti rischiano di diventare demoralizzanti.

Il Neuropsicomotricista come struttura il suo lavoro?

Il percorso di lavoro ha una struttura ben definita e le variabili che entrano in gioco in ciascun caso sono molteplici, bisogna far dialogare, e dialogare, con il bambino, con il contesto familiare e con quello sociale.

Il percorso neuropsicomotorio si struttura nel modo seguente:
⦁ La valutazione iniziale: gli incontri di valutazione generalmente sono cinque. Il primo solo con i genitori per raccogliere tutti i dati necessari e per spiegare il tipo di lavoro che verrà fatto. Tre incontri centrali sono rivolti alla valutazione con il bambino. L’ultimo incontro solo con i genitori per consegnare la relazione e condivisione degli obiettivi di lavoro identificati.
⦁ Il trattamento: dopo aver effettuato una valutazione e condiviso insieme ai genitori gli obiettivi di lavoro da raggiungere, iniziano gli incontri di lavoro a cadenza settimanale col bambino.
⦁ Il confronto con la scuola: poiché la presa in carico del bambino e della famiglia è globale, vengono contattate anche le realtà sociali in cui il bambino vive la sua quotidianità, per cui la scuola, le sue insegnanti ed eventuali altri contesti sociali, con i quali vengono condivisi gli obiettivi e le modalità di lavoro per strutturare un lavoro comune.
⦁ Rivalutazione e follow-up: generalmente ogni 6 mesi viene effettuata nuovamente una rivalutazione per verificare l’efficacia e l’andamento del trattamento e ritarare il percorso in caso di necessità. Nel momento di dimissione o sospensione del trattamento, vengono concordati con la famiglia degli incontri di follow-up nei mesi a seguire, così modo da tenere monitorato l’evoluzione autonoma verso cui si è indirizzato il bambino.

Il Neuropsicomotricista a chi si rivolge e da quale età?

Questa figura professionale lavora prevalentemente con bambini piccoli che possono presentare difficoltà motorie, comportamentali, comunicative, affettivo-relazionali, cognitive, ritardi dello sviluppo, sindromi genetiche, bisogni educativi e disturbi dell’apprendimento.

La terapia Neuropsicomotoria è infatti indicata a bambini in età evolutiva che presentano:

  • Disturbi pervasivi dello sviluppo (disturbi dello spettro autistico) e della regolazione emotivo-comportamentale
  • Ritardo mentale
  • Disturbi della comunicazione
  • Disturbi di coordinazione motoria (impaccio, maldestrezza, disprassia)
  • Disordini di sviluppo (ritardo, iperattività, disturbi dell’attenzione) e nei disturbi di apprendimento
  • Patologie neuromotorie (paralisi cerebrali infantili o patologie ortopediche dell’età evolutiva) e patologie neuropsichiatriche acute e croniche
  • Sindromi genetiche
  • Bisogni educativi speciali

Gli incontri di terapia sono individuali, o in piccoli gruppi, e sono rivolti a soggetti compresi nella fascia di età che va dalla primissima infanzia fino all’adolescenza, con il massimo dell’efficacia nell’età precoce 0-3 e nell’età pediatrica 4-7.

Il Neuropsicomotricista dove lavora?

Il Neuropsicomotricista può operare sia in contesti pubblici – presso i Poli Territoriali di Neuropsichiatria Infantile delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali – sia in contesti privati esercitando un’attività di libera professione – in studi privati, centri per l’età evolutiva, cooperative e centri medici polispecialistici.

Non solo, può collaborare anche con servizi materno-infantili, asili nido, scuole dell’infanzia e scuole primarie attuando interventi educativo-preventivi, laboratori di psicomotricità e collaborazioni a tempo determinato. Inoltre può svolgere l’attività didattica di ricerca e di consulenza professionale.

Insomma è un lavoro che richiede molta pazienza, sensibilità e tanto impegno, ma porta grandi soddisfazioni professionali e personali.

Potete trovarmi presso il Centro Centro La Trottola.
Per maggiori informazioni scrivete una email a centrolatrottola@gmail.com o visitate la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor