Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

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regole del buon comunicatore

Con uno sguardo avevo già capito tutto”, “La tua espressione mi sta dicendo il contrario”…

Queste sono solo alcune delle frasi più ripetute e gettonate in ambito comunicativo: infatti il 77% del messaggio che inviamo al nostro interlocutore è di tipo non verbale, mentre soltanto il 23% del messaggio passa attraverso il canale verbale.

Ecco spiegato il motivo per il quale mentre stiamo raccontando una bugia, la nostra mimica verbale è la prima a tradirci, o se siamo tristi o arrabbiati e non vogliamo palesarlo verbalmente, le nostre espressioni non verbali finiranno per raccontare la verità.

Come in una conversazione tra adulti anche nelle conversazioni tra bambini, o tra adulti e bambini, valgono le medesime regole di comunicazione.

Risulta quindi fondamentale in caso di bambini con difficoltà di linguaggio, tenere sempre presente tutte le regole per una buona comunicazione e per facilitare al proprio interlocutore lo scambio comunicativo.

Tuttavia le medesime regole possono e devono essere tenute ben presenti anche quando la conversazione avviene con bambini con sviluppo linguistico normotipico e che non presentano difficoltà di linguaggio.

Le regole qui di seguito presentate, possono essere anche riadattate e riutilizzate in conversazioni con adulti, così da rendere la comunicazione più efficace e diretta.

Entriamo allora nel dettaglio di alcune regole per una comunicazione efficace.

LE REGOLE DEL BUON COMUNICATORE: comunicare “faccia a faccia”

L’aggancio di sguardo e il contatto oculare rappresentano le basi della comunicazione: quando due persone iniziano una conversazione, come prima cosa si guardano negli occhi.

Lo sguardo, e il guardarsi, è fondamentale per far capire al nostro interlocutore che stiamo parlando proprio a lui e non con qualcun altro, che siamo attenti alla risposta che ci darà e che siamo interessati all’argomento di conversazione.

Uno sguardo non agganciato può dare l’impressione di non essere interessati e di non aver voglia di conversare, lanciando così segnali contrastanti soprattutto quando il mio interlocutore è un bambino in fase di sviluppo linguistico. Guardarsi “faccia a faccia” rende più facile capire il messaggio, proprio grazie al supporto della mimica non verbale.

LE REGOLE DEL BUON COMUNICATORE: centrarsi sull’interlocutore

Durante una conversazione, dopo aver agganciato il contatto di sguardo con il nostro interlocutore, è buona regola centrarsi, cioè prestare attenzione solamente alla persona con cui stiamo conversando.

Una distrazione momentanea o duratura, un non interesse a quello che il nostro interlocutore ci sta dicendo, mandano segnali ben precisi: non ho interesse a parlare con te, oppure non mi interessa quello che dici, e ancora in questo momento non mi va di ascoltarti.
Questi segnali così forti possono sbilanciare l’equilibrio comunicativo: i due interlocutori non sono più sullo stesso piano, in quanto uno dei due si pone in una condizione di non-ascolto, ecco che i presupposti di una buona comunicazione vengono a mancare.

Quando una situazione simile si manifesta in una conversazione tra due adulti, uno dei due prenderà l’iniziativa per interrompere lo scambio; se dovesse succedere in una conversazione tra adulto (non centrato) e bambino (centrato), il bambino si troverebbe in una situazione nella quale il suo sforzo comunicativo non è accolto, generando così in lui un senso di frustrazione.

LE REGOLE DEL BUON COMUNICATORE: non anticipare l’interlocutore

Quante volte vi è capitato di aver capito quello che il vostro interlocutore sta per dirvi e di anticipare esattamente le sue parole? E quante volte vi è capitato di sbagliare?

In una società frenetica dove tutto corre a ritmi velocissimi come quella dei giorni nostri, spesso tendiamo a rendere le conversazioni molto sbrigative e delle volte, senza accorgercene, anticipiamo quello che il nostro interlocutore vuole dirci: perché “ho fretta”, “sono in ritardo”, “ho due minuti e poi devo assolutamente andare”…

Se a volte anticipare ciò che il nostro interlocutore ci vuole dire può essere segno di empatia (“so esattamente quello che vuoi dirmi perché comprendo il tuo stato d’animo”, “la pensiamo allo stesso modo”) altre volte però può creare una falla nella comunicazione.

Pensiamo a quando un bambino molto piccolo desidera qualcosa, come un gioco posto in alto su un mobile, il suo interlocutore subito si accorge che il bambino si sta dirigendo in quella direzione e senza nemmeno lasciare che egli faccia una richiesta mimica, gestuale o verbale, l’adulto glielo porge senza dire nulla. In questo caso l’adulto ha anticipato la richiesta del bambino bloccando sul nascere la possibilità di uno scambio comunicativo del tipo domanda-risposta.

Situazioni come queste devono essere del tutto evitate, soprattutto se l’interlocutore è un bambino in fase di sviluppo con difficoltà di linguaggio.

Queste sono solo alcune delle regole per essere un buon comunicatore: se sei interessato all’argomento e vuoi saperne di più, se pensi che tuo figlio/a abbia delle difficoltà linguistiche e non sai che strategie adottare per conversare nel migliore dei modi con lui/lei, puoi rivolgerti alla logopedista del nostro Centro, la dott.ssa Nicole Baresi che saprà meglio consigliarti in base alle tue esigenze.

Visita il www.centrolatrottola.it o per un appuntamento puoi contatta al numero 3938522981.

Tempo fa conobbi un ragazzo che lavorava per Google, in quell’occasione teneva una relazione sugli appena nati Google Glass. Al termine del discorso gli chiesi se, secondo lui, lo sviluppo evolutivo del nostro cervello fosse in pari con la nuova tecnologia o se, avevamo a che fare con uno strumento che sovraccaricava le nostre abilità attentive, diventando una fonte di stress piuttosto che un aiuto.

La stessa domanda me la pongo oggi osservando piccoli e giovani immersi in un mondo tecnologico che, se da un lato è una ricca fonte di stimoli, dall’altro rischia di togliere spazio al desiderio di esplorazione, alla fantasia e alla vita sociale.

Per cui, come cambia lo sviluppo cognitivo, ma soprattutto la vita relazionale dei nativi digitali?

Lo  sviluppo della vita sociale attraverso il gioco

La percezione dell’altro ha inizio molto presto. Secondo i ricercatori i bambini tra i 12 e i 15 mesi manifestano consapevolezza di sé riconoscendo la propria immagine allo specchio e mostrando di riconoscere gli altri come persone capaci di compiere un’azione.

La prima relazione che instaurano è con il genitore che si prende cura di lui, dando vita a un legame essenziale per lo sviluppo delle conoscenze relative al sé, all’altro e ai comportamenti utili per relazionarsi. Il legame, che nello specifico prende il nome di “legame d’attaccamento”, è considerato “la base” dal quale il bambino si allontana per esplorare il mondo e conoscere altri esseri umani.

La modalità esplorativa privilegiata è il gioco attraverso cui sviluppano le capacità cognitive e sociali, per esempio il gioco simbolico del “far finta di”, permette ai bambini di sperimentare diversi ruoli su di sé interagendo con una persona reale. Se l’ambiente è stimolante, per esempio con adulti che giocano volentieri, il percorso di sviluppo sociale si avvia molto precocemente, tra i 14 e i 15 mesi.

Quale relazione tra tappe di sviluppo del gioco e sociali?

Osservando le modalità di gioco all’asilo nido, è stato possibile individuare tre tappe attraverso le quali il bambino inizia a sperimentare le prime modalità di collaborazione.

Gioco parallelo: in questa fase i bambini giocano l’uno accanto all’altro adoperando lo stesso materiale, parlando e scambiandosi sguardi, ma senza collaborare veramente.

Gioco associativo: i bambini giocano insieme ma senza che siano definite chiare regole o uno scopo comune.

Gioco cooperativo: sopraggiunge intorno ai tre anni di vita, momento in cui si sviluppa il linguaggio e con esso la possibilità di esprimersi e comprendere meglio l’altro. Le relazioni di gruppo si consolidano, così come la comprensione dei sentimenti altrui e l’uso delle regole sociali, che diventano progressivamente più elaborate.

Il terzo anno di vita è anche l’età in cui si concretizza il gioco di regole, nel quale bisogna accordarsi e rispettare una serie di norme che il gruppo stesso si è dato. Con l’inizio dell’utilizzo delle regole, hanno luogo anche fenomeni di opposizione o violazione delle stesse, con conseguenti litigi, esclusioni e tutto ciò che consegue al mancato rispetto delle norme nel gioco o nel gruppo sociale.

La fase di gioco cooperativo è il momento in cui il bambino inizia a mettere in campo le sue strategie relazionali per assumere un ruolo all’interno del gruppo e mantenere relazioni con i compagni.

Il progresso della crescita coincide inevitabilmente con l’aumento della complessità del gioco sociale e delle relazioni, ed è a partire da questo periodo di vita che il ruolo degli educatori e dei genitori si fa sempre più importante nell’insegnare ai piccoli a mediare il conflitto e a gestire le emozioni di rabbia e frustrazione che ne conseguono.

Cosa è cambiato con l’ingresso dei videogiochi?

bambini e gioco

Il videogioco, che sia su tablet, cellulare o altro dispositivo elettronico, è un’attività individuale, iperstimolante dal punto di vista cognitivo che proietta il giocatore in un’altra dimensione.

Il gioco è solitario e non sempre sono previste modalità d’azione in squadra o contro degli avversari. Tuttavia, la nocività del videogioco, non sta nella chiusura sociale che richiede, ma nelle modalità e tempi del suo utilizzo.

I mondi fantastici, l’elevata stimolazione adrenalinica e la necessità di raggiungere un livello sempre superiore, rendono il videogioco nettamente più attrattivo se confrontato con ruba bandiera o palla prigioniera.  Il rischio maggiore è la dipendenza che induce a sacrificare il tempo dell’esplorazione, dell’attività sportiva, del gioco con i fratelli o con i coetanei di scuola o del quartiere.

Tornando alle tappe viste precedentemente, si riduce lo spazio del gioco cooperativo e le occasioni per poter sperimentare il conflitto e imparare a gestirlo. Troppo abituati a divertirsi gestendo il gioco e le regole in autonomia, bambini e ragazzi possono manifestare difficoltà nella gestione delle relazioni e delle emozioni, soprattutto nei casi di conflitto.

Bambini cresciuti con a pane e videogiochi, possono diventare adolescenti dipendenti dal joystick. Con il progresso della tecnologia è oggi possibile giocare online con amici o compagni di scuola, eliminando in questo modo la percezione di solitudine che, in altre occasioni, avrebbe indotto alla chiusura del gioco a favore della relazione sociale. Queste nuove opportunità di svago inducono i ragazzi a passare dalle 2 alle 10 ore al giorno, sovra-eccitando il cervello e inibendo la naturale necessità di esplorazione del mondo circostante e ricerca di passatempi più costruttivi.

Cosa devono fare i genitori per limitare l’uso di videogiochi?

Che uso ne fa il genitore?

Il primo passo per un genitore che voglia limitare l’uso dei videogiochi è riflettere sull’uso che essi stessi fanno dei propri tablet e smartphone. Il comportamento del genitore è ciò che viene appreso dai figli, pertanto mamme o papà troppo legati al cellulare, mandano un messaggio poco educativo.

Il videogioco non è un tranquillante

Molto spesso il totale coinvolgimento del videogioco induce i genitori ad utilizzarlo per tenerli tranquilli al ristorante, in autobus o a casa di amici. Così facendo si induce il rischio di dipendenza con le possibili conseguenze sopra citate.

Offrire valide alternative

Limitare il tempo a disposizione per poter giocare con valide alternative. Ad esempio creare una routine di attività da svolgere con i genitori, come l’abitudine di cucinare insieme, fare la spesa o leggere.

Adottare strategie per limitare le possibilità di utilizzo.

In certi casi si rende necessaria l’adozione di strategie come limitare l’uso temporale del videogioco imponendo la regola di un’ora al giorno, al termine dei compiti o dell’attività sportiva.

Nei casi in cui l’utilizzo del videogioco venga utilizzato come “premio” per aver svolto diligentemente altre attività, si ricorda che è necessario mantenere la costanza della regola e non cedere il gioco se non è stato raggiunto l’obiettivo.

Contattaci per avere ulteriori informazioni!

Sviluppo del bambino

Dopo aver approfondito lo sviluppo del bambino nei primi 3 anni e i giochi e le attività ludiche che possiamo proporre nel primo triennio,  vorremmo oggi indirizzarci verso la successiva tappa di sviluppo,  dai 3 ai 5 anni.

I 36 mesi: un punto di svolta

L’inizio del terzo anno segna un passaggio cruciale nello sviluppo del bambino che, con l’inserimento alla scuola dell’infanzia, viene inserito all’interno di una microsocietà dove viene continuamente stimolato come individuo a mettersi in gioco in prima persona con altri coetanei. Sono gli anni di maggiore stimolo per la maturazione del carattere, dell’autonomia, del linguaggio, delle relazioni interpersonali e di tutti quegli aspetti personali che caratterizzeranno il bambino come individuo unico nel suo modo di porsi nel mondo e con gli altri.

Sono anche gli anni che caratterizzano lo stadio di sviluppo cognitivo pre-operatorio, che va dai 2 ai 6 anni, nel quale il bambino è in grado di utilizzare i simboli, le immagini, le parole e le rappresentazioni mentali che si manifestano principalmente attraverso l’imitazione differita, grazie alla quale è in grado di osservare e successivamente, a distanza di tempo (ore o giorni), di riprodurre quello che ha osservato dimostrando di aver conservato una rappresentazione interna del modello.

Durante questo periodo inoltre è presente l’egocentrismo intellettuale: il bambino è totalmente centrato e concentrato su se stesso, non è ancora in grado di percepire la presenza di punti di vista, emozioni, pensieri, diversi dai propri.

Il pensiero presentato dal bambino è ancora concreto perché non riesce ad andare oltre all’apparenza e al dato percettivo, per questo è definito pre-operatorio o pre-logico: il pensiero è ancora rigido e segue sempre dal particolare al generale, il bambino affronta i problemi focalizzandosi su un solo elemento per volta in maniera selettiva.

Dai 3 ai 4 anni

Motricità – Dai tre anni il bambino inizia a percepire il suo corpo nella sua globalità con le sue principali posture ed andature. È quindi capace di muoverlo con una certa sicurezza: corre senza più esitazioni e con una buona velocità senza aver paura di cadere, anzi ama lanciarsi in corse sfrenate. Sale le scale con disinvoltura senza bisogno di sostegni e ponendo un piede su ogni gradino, si mostra però ancora un po’ titubante sulla discesa ponendo tutte e due i piedi su ogni gradino per non perdere l’equilibrio.

E’ il periodo nel quale, se posto su un gioco cavalcabile, è in grado di apprezzarlo al meglio in quanto ha imparato a muovere le gambe con più coordinazione e comprende la struttura della pedalata (anche prima del terzo anno amava cavalcare, ma presentava difficoltà nell’esecuzione della pedalata).

Socializzazione / Relazione – Il compimento del terzo anno segna l’ingresso alla scuola dell’infanzia dove il bambino impara a stare in mezzo a coetanei ed a socializzarci. All’inizio non è ancora totalmente pronto per trascorrere troppo tempo insieme agli altri bambini, a quest’età infatti il compagno ideale è il suo “amico immaginario”.

Quando gioca assieme ai coetanei spesso risulta un gioco parallelo nel quale ogni bambino gioca da solo ma accanto agli altri, senza la condivisione di un progetto comune di gioco da portare a termine.

Cognizione / Linguaggio – Per quanto concerne lo sviluppo del linguaggio dai 3 anni il bambino inizia a comprendere frasi più complesse e reversibili (“la mamma spinge la bambina” è differente da “la bambina spinge la mamma”) e, sul versante produttivo, inizia ad utilizzare adeguatamente articoli e preposizioni articolate. In questo periodo è normale che il bambino compia errori di coniugazione errata dei verbi, poiché sta comprendendo le regole grammaticali e le applica a tutti i contesti (es. aprito invece che aperto). A quest’età, frequentando la scuola dell’infanzia, è stimolato ad imparare brevi poesie o filastrocche che i bambini amano ripetere spesso anche a casa davanti ai genitori mostrandosi orgogliosi della loro performance.

Spinti dalla curiosità e dalla voglia di esplorazione amano pasticciare e lavorare con le mani: collage con carta colorata, tessuti, foglie, batuffoli di cotone, pittura a dita e con acquarelli, giochi con gli incastri sulle forme, costruzioni, etc. Comincia anche l’associazione dei colori fondamentali e delle forme, è in grado di copiare quest’ultime riproducendo i rapporti topologici che li contraddistinguono (vicinanza, separazione, inclusione).

Anche se ancora piccolo è già in grado di assumersi le sue prime responsabilità, come riordinare la sua cameretta: imparare ad essere ordinati stimola il bambino a trovare un posto per ogni cosa secondo un ordine mentale e a comprendere che ci sono alcune regole che scandiscono ritmicamente la sua giornata, creando dei punti di riferimento stabili che lo tranquillizzano.

Autonomie – Dai tre anni il bambino è in grado di togliersi i vestiti da solo, alza le braccia per sfilare le magliette, si slaccia i pantaloni e si toglie i calzini. Ancora però fatica a vestirsi senza l’aiuto della mamma o del papà, perché il gesto richiede una coordinazione complessa di braccia e testa, per quanto concerne le magliette, e una capacità di equilibrio dinamico in staticità su un piede solo nel mettere i pantaloni che il bambino ancora non possiede. È importante stimolare da subito il bambino a compiere questi movimenti poiché potenzieranno le sue abilità di motricità fine.

Già dai due anni i bambini possiedono il coordinamento necessario per cominciare ad usare lo spazzolino da soli, ma è solamente dai tre anni in poi che riescono a compiere movimenti più difficili e a sputare il dentifricio.

L’ingresso alla scuola dell’infanzia segna un passaggio di autonomia importante anche per quanto riguarda l’alimentazione: è importante quindi che la famiglia stimoli e prepari il bambino prima dei tre anni all’autonomia durante il pasto e sull’utilizzo degli strumenti che occorrono per nutrirsi. Il bambino dovrebbe mangiare differenti consistenze, stimolando quindi i muscoli masticatori, i denti e i movimenti linguali.

Dai 4 ai 5 anni

Motricità – il bambino in questa fascia d’età è animato da una forte voglia di avventura e di esplorazione: si arrampica sui mobili, sugli alberi e sui giochi al parco con i coetanei, ponendosi in situazioni di sfida e confronto, per mettersi alla prova con se stesso e con gli altri.

Migliorando le capacità di coordinazione generali migliorano anche quelle occhio-mano ed occhio-piede, quest’ultime soprattutto sono messe in campo nel momento di confronto dinamico con la palla insieme ad altri bambini. La palla è uno strumento desiderato e utilizzato come tramite di relazione e viene usata sia con le mani sia con i piedi, giocando a lanciarsela l’un l’altro e ponendosi differenti obiettivi (fare goal, o colpire un obiettivo).

Socializzazione / Relazione – Gioca volentieri con gli altri bambini e incomincia a sentirsi sempre più attratto dal gruppo.

Anche se le interazioni sono ancora limitate a momenti brevi e non di lunga durata, il bambino inizia a creare delle strategie per aggregarsi ai coetanei come lo scambio di giocattoli o imponendo la propria presenza, anche in modo “aggressivo”.

Cognizione / Linguaggioil bambino inizia a partecipare alle prime conversazioni con i coetanei e con i famigliari, non solo di persona, ma anche al telefono che non lo inibisce più come prima.

Al termine del secondo anno della scuola dell’infanzia il bambino dovrebbe avere l’inventario fonetico completo e strutturare frasi complesse e complete.

Lo sviluppo e l’acquisizione del senso del ritmo e la distinzione tra diverse melodie permettono al bambino di inventare o canticchiare le prime canzoni sentite alla radio o alla televisione. Durante queste canzoni il bambino è particolarmente coinvolto cognitivamente, emotivamente e dal punto di vista motorio.

A quest’età i bambini amano sempre di più cimentarsi in giochi di finzione e di travestimento in cui immaginano di essere un altro, creando dei veri e propri copioni condivisi con gli altri coetanei. Divengono infatti in grado di cogliere le caratteristiche peculiari dei personaggi nei quali vogliono trasformarsi (principesse, genitori, eroi, protagonisti di cartoni, etc) e di imitarli poi nel momento di gioco.

La passione per i giochi manuali non diminuisce e il bambino inizia ad apprezzare i primi puzzle da una quindicina di pezzi di dimensioni non troppo grandi. Associa colori non solo primari ed inizia la denominazione di colori e forme geometriche, differenziandole sulla base delle dimensioni. Amano inoltre le costruzioni, con le quali possono creare mondi sempre diversi e fantastici.

Sviluppo del bambino psicomotorio

Lo sviluppo del disegno è un altro aspetto importante negli anni della scuola dell’infanzia. A 4 anni il bambino cerca di dare un significato ai disegni prodotti ed è in grado di disegnare volti e figure, che spesso rappresentano genitori e famigliari, anche se ancora stilizzati e sproporzionati: le gambe e le braccia vengono rappresentate come una linea, mani e piedi come delle palle, gli occhi con due grossi puntini e la bocca con una riga rossa. A quest’età i bambini amano disegnare inoltre case, alberi, animali, mostri, supereroi e protagonisti dei cartoni, divertendosi anche a colorarli.

Autonomie – La voglia di sentirsi grande e indipendente cresce con il bambino, il quale cerca di imitare sempre più gli adulti: diviene più rapido nello svestirsi e nel vestirsi, si versa l’acqua autonomamente nel bicchiere, ecc. Il bambino inoltre inizia ad andare in bagno da solo e a svestirsi senza più dirlo ai genitori, anche se a volte necessita ancora di aiuto per pulirsi, poiché non è ancora in grado di coordinare perfettamente i movimenti.

Generalmente i bambini sono molto affascinati dalla televisione, fin da piccoli infatti amano guardare le immagini colorate e suggestive muoversi al ritmo delle loro melodie preferite. Ma è solo a partire dai 4 anni che iniziano a comprendere i contenuti di ciò che viene trasmesso e sono in grado di seguire la trama di un film animato.

Siamo giunti in fondo al quarto anno e ci lasciamo nel pieno del percorso della scuola dell’infanzia!

Vi aspettiamo nel prossimo post in cui parleremo dei giochi e delle attività per bambini di 3 e 4 anni!

Contattaci per saperne di più!

Dott.ssa Alice Bellini, Logopedista

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor