Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

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Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

Guarda la brochure

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L’ultimo anno dell’asilo è un anno fondamentale per i vostri bambini: si è giunti al termine di un percorso educativo e di crescita decisivo per affrontare la scuola primaria nel migliore dei modi.

I bambini sono cresciuti e le loro abilità e competenze si sono modificate nel corso del tempo in relazione alle richieste che gli venivano poste.

Uno dei prerequisiti fondamentali per un corretto avvio alla letto-scrittura è la metafonologia.

Metafonologia: che cos’è? Che cosa comprende?

La metafonologia è una particolare conoscenza metalinguistica che consiste nella capacità di percepire e riconoscere per via uditiva i fonemi (suoni) che compongono le parole, operando con gli stessi adeguate trasformazioni; è quindi la capacità di riflettere sulle parole indipendentemente dal loro significato.
Per poter sviluppare questa capacità il bambino deve capire cos’è un fonema ed applicare tale conoscenza al linguaggio parlato.
Le abilità metafonologiche si dividono in due gruppi:

  • metafonologia globale
  • metafonologia analitica

La metafonologia globale si basa sul concetto di sillaba; rientrano in questa categoria le abilità di:

  • Divisione sillabica: la capacità di dividere una parola in sillabe (es. cane → ca-ne)
  • Fusione sillabica: la capacità di unire le sillabe per formare una parola (es. pa-ne → pane)
  • Riconoscimento e produzione di rime: la capacità di riconoscere e produrre parole in rima (es. tana-rana)
  • Identificazione sillaba iniziale e finale: la capacità di riconoscere la sillaba iniziale e finale di una parola (es. bene → sillaba iniziale “be” ; rana → sillaba finale “na”).

La metafonologia analitica si basa sull’unità minima fonemica cioè sui suoni che compongono la parola; rientrano in questa categoria:

  • la capacità di unire i singoli suoni per formare una parola (es. a-p-e → ape)
  • la capacità di dividere una parola nei singoli suoni (es. uva → u-v-a)
  • la capacità di riconoscere il suono iniziale di una parola (es. lana → suono iniziale “l”)
  • la capacità di togliere un suono da una parola (es. fata → cosa rimane se si toglie il primo suono? “ata”)
  • la capacità di sostituire un suono di una parola per trasformarla in un’altra (es. fame → sostituisco “fa” con “la” e diventa lame)

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Lo sviluppo delle competenze metafonologiche

I bambini verso i quattro anni iniziano a capire che le parole sono formate da piccoli “pezzi”, ossia le sillabe, e verso i sei anni comprendono che le sillabe possono essere divise in ulteriori “pezzettini”, ossia i fonemi (i suoni). Quindi, già dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia, i bambini padroneggiano queste abilità, in particolare quelle di individuare e intervenire sull’unità sillabica.

I bambini dell’ultimo anno di scuola materna sono allenati a svolgere queste abilità; infatti buone competenze metafonologiche sono indispensabili per un corretto apprendimento della letto-scrittura.

Competenze metafonologiche e apprendimento della letto-scrittura

Talvolta può accadere che i prerequisiti meta-fonologici vengano trascurati a vantaggio degli aspetti grafo-motori (schede di pregrafismo), ma la capacità di scrivere non è puramente una operazione grafica, ma deriva dalla capacità di saper analizzare la parola come sequenza di suoni.

Le abilità metafonologiche sono importanti in quanto costituiscono uno dei prerequisiti per l’apprendimento della letto-scrittura, perché i bambini grazie a queste competenze passano dal linguaggio parlato al linguaggio scritto.

In questo senso è importante fare prevenzione anche e soprattutto con i bambini che hanno avuto un disturbo di linguaggio; infatti noi logopedisti puntiamo molto sulla stimolazione di queste abilità così da consentire al bambino un buon approccio fonologico alla letto-scrittura e ridurre il rischio di sviluppare un disturbo di apprendimento.

È importante l’individuazione precoce dei bambini a rischio, al fine di

  • prevenire la comparsa e il consolidamento di strategie o meccanismi errati
  • effettuare una rieducazione precoce
  • limitare i danni che possono causare: frustrazione, perdita di motivazione all’apprendimento, chiusura in se stessi, bassa autostima, problemi di relazione

Per questo motivo è importante, a partire dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia, stimolare le abilità metafonologiche attraverso giochi semplici e divertenti, per garantire ai bambini un buon approccio alla letto-scrittura.

Stimolare le abilità metafonologiche: giochi semplici e divertenti

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Per stimolare le abilità metafonologiche del vostro bambino, ecco per voi divertenti giochi da fare in coppia oppure in piccolo gruppo:

Trovare come comincia/finisce una parola: gioco del trenino (mammamarmellatatavololombricococomero ecc)

  • Trovare una parola data l’iniziale: es. “arriva un bastimento carico di… CI” – “ciliegie, cigno, cicogna…”
  • Identificare la parola scandita nelle sillabe o nei fonemi costituenti: (“se di co CA-VAL-LO cosa sto dicendo?” – “Cavallo!”)
  • Segmentare parole in sillabe e fonemi:

Quanti salti fa? (es. quanti salti fa la parola Pane? PA-NE, 2!)

Lancia la palla! (in due per ogni sillaba si lancia la palla al compagno)

  • Riconoscere e produrre rime: letture di filastrocche e poi inventa tu!
  • Elidere o aggiungere suoni a parole date (ditale → dita)
  • Riconoscere parole lunghe e parole corte: “è più lunga la parola TRENO o la parola AUTOMOBILE?Attenzione al ragionamento fonologico e non del significato (il treno è più lungo di un automobile ma la parola treno è più corta)
  • Trovare differenze tra due parole (es. cane – tane)
  • Trovare parole che iniziano con lo stesso suono (es. pane, pera, pino, poco)

Deficit competenze metafonologiche: alcune possibili cause

Alcuni bambini possono mostrare difficoltà nei compiti metafonologici; le cause possono essere molteplici e spesso correlate tra di loro. Facciamo chiarezza sui motivi che possono determinare un deficit delle competenze metafonologiche.

Bambini di 4-5 anni che:

  • non hanno ancora sviluppato buon un linguaggio e hanno ancora difetti di pronuncia
  • hanno difficoltà ad esprimere un concetto, a raccontare un episodio vissuto o faticano a ordinare una sequenza temporale e a raccontare in sequenza una storia semplice.

Possono avere un deficit nell’ambito della abilità metafonologiche.

In questi casi è consigliabile intervenire tempestivamente per permettere al bambino di acquisire le competenze ancora deficitarie e gettare basi solide per un corretto avvio alla letto-scrittura.

Qualora il tuo bambino mostrasse delle difficoltà nei compiti metafonologici e desideri fornirgli tutti gli strumenti per affrontare serenamente la scuola primaria contattaci! Le logopediste sapranno consigliarti il percorso da seguire più adatto alle esigenze del tuo bambino.

svezzamento o autosvezzamento

Prima di approfondire questa tematica voglio fare una doverosa precisazione: il cibo non è solo nutrimento, tanto più per un neonato, ma è il frutto di molteplici fattori relazionali, sociali ma soprattutto affettivi.

Che cos’è lo svezzamento?

Letteralmente svezzamento significa togliere il “vezzo”. Ma ovviamente l’allattamento non deve essere visto come un vizio, per il lattante è una necessità.

E’ un momento di grande novità per il bambino che inizia ad approcciarsi al cibo solido. E’ un periodo molto delicato dove i genitori devono armarsi di pazienza e lasciare che i propri figli assaggino cibi nuovi senza pretendere che siano di loro gusto sin dal primo istante: quello che piace moltissimo a voi potrebbe non piacere al vostro bambino o almeno non subito.

Non dovete scoraggiarvi ma dovete perseverare e continuare con serenità a proporre alimenti sempre nuovi. Un piccolo “trucco” potrebbe essere quello di mettere nel piatto una piccola quantità così che i bambini non si sentano frustrati e inadeguati di fronte alla nuova proposta.

Nel proporre nuovi sapori non dimenticatevi i bambini capiscono benissimo se l’alimento a loro proposto è gradito o meno anche all’adulto, dunque nessuno stupore se a casa non vogliono il pesce che a voi non piace e magari al nido o dai nonni lo mangiano!

Ricordatevi che il bambino durante lo svezzamento sputa, vomita e gioca con il cibo, sostanzialmente non mangia, ma assaggia ed esplora: l’obiettivo non è quello di togliere il latte il prima possibile ma è quello di accompagnarlo verso la scoperta del mondo dell’alimentazione e di tutte le sue componenti.

Ci vuole dunque molta pazienza e la consapevolezza che solo permettendo al bambino di crescere anche a tavola il suo rapporto con il cibo sarà sano, viceversa presi dalla preoccupazione di nutrirlo si finirà per trattarlo come un recipiente da riempire.

Un po’ di storia…

svezzamento

Fino a Novecento inoltrato il bambino veniva completamente svezzato solo verso i 2 anni, sebbene l’introduzione delle prime pappe iniziasse verso i 5-6 mesi. A differenza dello svezzamento degli ultimi decenni in passato le pappe consigliate non erano a base di frutta e verdura ma di cibi altamente energetici e ricchi di grassi.

A seconda del contesto sociale e dei condizionamenti medico-religiosi l’introduzione di cibo solido poteva essere più o meno repentina; i medici normalmente raccomandavano la gradualità, ma a volte capitava di togliere il seno da un giorno all’altro quando la mamma si accorgeva di essere nuovamente incinta.

Prima dell’Ottocento, semplicemente, i bambini venivano svezzati in modo “naturale”: nessuna prescrizione di pappe, nessuna ricetta preconfezionata, ma autosvezzamento in famiglia (con anche sbagli deleteri annessi…!)

Quando è meglio iniziare?

La risposta a questa domanda la troverete semplicemente osservando il vostro bambino. Ci sono due segnali che vi permettono di capire se è giunto il momento di fare questo grande passo:

  • Vostro figlio deve essere in grado di stare seduto nel seggiolone e di tenere su la testa altrimenti il rischio di soffocamento è concreto;
  • Deve aver perso il riflesso di estrusione (quando mette in bocca del cibo non butta fuori la lingua come fa per ciucciare il latte, ma inizia a gestire e masticare gli alimenti anche solo con le gengive per poi ingerire);

Cosa dicono le Linee guida del Ministero della Salute?

  • E’ consigliabile iniziare lo svezzamento dal 6° mese di vita, quando il latte materno comincia ad essere carenziale di alcuni nutrienti importanti per la crescita.
  • Se la madre lo desidera, l’allattamento al seno può continuare dal secondo semestre di vita fino al secondo e anche oltre, come suggerito dall’OMS [“Il bambino allattato oltre il secondo anno di vita non va visto come un bambino viziato e la mamma non deve temere di limitare la sua maturazione e la sua autonomia”].
  • L’ordine con cui gli alimenti semisolidi e solidi vengono introdotti non ha più l’importanza che un tempo si credeva avere: può variare a seconda delle preferenze del bambino e della realtà sociale della famiglia.
  • Il momento della giornata in cui inserire le prime pappe è ininfluente, purché sia comodo ai genitori.
  • L’unica raccomandazione importante è di non esagerare a proporre cibi ad alto contenuto proteico e salati/zuccherati.
  • Si suggerisce di cominciare con: vegetali cotti e tritati (patate, carote), banana o pera o mela grattugiata, crema di riso nel latte; si può proseguire con carboidrati (in crema o frullati) e proteine.
  • Alcuni pediatri consigliano di anticipare lo svezzamento con qualche cucchiaino di purea di frutta, e dopo qualche giorno proporre la pappa.
  • Da evitare: zucchero, miele (botulino), cibi a ridotto contenuto di grassi.

Vantaggi e svantaggi dello svezzamento tradizionale

Iniziamo dai vantaggi:

  1. Il bambino viene (potenzialmente) svezzato completamente in minor tempo;
  2. La mamma si ristabilisce più in fretta dalle fatiche dell’allattamento e/o la coppia di genitori si discosta più velocemente dal caos di “prepara il latte, scalda il biberon, controlla la temperatura del biberon, fai poppare il piccolo”;
  3. Le pappe sono pratiche, non sporcano eccessivamente, si possono portare al ristorante senza fare (eccessivo) caos.

Svantaggi:

  1. Il bambino non distingue i sapori, i colori, le consistenze;
  2. Il bambino può “usare” il fatto di essere imboccato;
  3. Il bambino ha più probabilità di passare la fase pickyfussy (guardare il cibo con sospetto e fare i capricci) una volta che gli si proponga cibo solido;
  4. I genitori possono impazzire nella preparazione delle pappe, pensando che siano vincolate a regole insindacabili.

L’autosvezzamento cos’è? Come si attua?

Inizio con il precisare cosa NON è:

  • NON è far scegliere al bambino cosa vuole mangiare
  • NON è fargli rubare il cibo dal piatto di mamma e papà
  • NON è far mangiare il bambino

L’autosvezzamento è una modalità dinamica di approccio al cibo attraverso la quale il bambino impara i colori, le consistenze, i sapori e le diverse metodologie di masticazione. Il bambino non deve essere imboccato ma deve poter giocare con il cibo: manipolarlo e portarlo alla bocca in completa autonomia.

Dovete immaginarlo come un modo attraverso il quale vostro figlio inizia la conoscenza del mondo: ha bisogno della vostra guida ma non dovete imporvi perciò dovete assecondare i suoi tempi ma soprattutto i suoi gusti. In poche parole è un approccio che prevede il caos a tavola!

Il vostro bambino si sporcherà, sporcherà il tavolo e, molto probabilmente, anche il pavimento. Non aspettatevi che si nutra ma semplicemente assaporerà.

Questo approccio è consigliabile solo alle famiglie in cui ci sia già l’abitudine al consumo di alimenti freschi e stagionali, pasti cucinati in casa e non preconfezionati, insomma quelle famiglie in cui ci sia già una forte sensibilizzazione verso una sana e corretta alimentazione.

Comportamenti da adottare e comportamenti da evitare

cosa fare e cosa non fare

Il cibo non deve essere associato a nient’altro se non alla fame: introdurre severe limitazioni di certi cibi (“Solo una caramella, non di più” oppure “Se mangi tutta la verdura puoi mangiare anche la cioccolata”) perché questo non farà altro che renderli speciali, e quindi ancor più desiderabili.

Ogni alimento dovrebbe essere considerato alla stregua degli altri: solo in questo modo, rendendoli tutti sempre disponibili al bambino, lo si renderà in grado di compiere la sua scelta sulla base del proprio appetito e delle proprie esigenze piuttosto che sulla possibilità di approfittare della presenza di un alimento che solitamente è proibito o comunque razionato.

Evitate di imporre loro l’assunzione di alimenti non graditi, costringendoli a pasti interminabili ma ovviamente non fatevi nemmeno prendere in giro e non lasciate che loro utilizzino il cibo come arma di ricatto nei vostri confronti.

Ricordatevi che il pasto deve essere un momento conviviale, consumato in condivisione senza la televisione accesa, senza discussioni o toni alterati della voce.

Adottate stili alimentari vari, non monotoni, stimolate non solo il gusto ma anche la vista, l’olfatto ed il tatto.

In conclusione…

Anche nel caso dell’alimentazione, come in ogni altro campo dell’educazione, regole e limiti chiari e ben definiti sono indispensabili e, sebbene combattuti dai bambini, sono per loro rassicuranti perchè indice che c’è qualcuno che si cura di loro e si assume la responsabilità di fare loro da guida.

Contattaci per saperne di più!

linguaggio bambino

Molti genitori mi chiedono, durante i primi colloqui con loro, le strategie più adeguate per stimolare in modo adeguato il linguaggio del loro bambino.

Innanzitutto, se vostro figlio ancora pronuncia poche parole, bisogna andare a vedere se sono presenti i prerequisiti alla comunicazione, i quali molto spesso vengono messi in secondo piano, mentre in realtà sono indispensabili per l’emergere delle prime produzioni verbali.

In uno dei prossimi articoli affronteremo in maniera più approfondita come andare a stimolarli mediante il gioco; oggi invece affronteremo le strategie da attuare e quelle da evitare per stabilizzare le prime parole del bambino e stimolarne la produzione verbale.

Atteggiamenti da non mettere in atto

Partiamo innanzitutto con le strategie che andrebbero evitate:

  • definire il bambino furbo, svogliato, pigro: il bambino che non parla/parla poco non lo fa per svogliatezza o furbizia ma perché per il momento non è ancora pronto a farlo, evitate di definirlo tale con parenti e amici e dite anche a loro di non farlo mai;
  • fingere di non comprendere: proprio perché il bambino, se potesse, utilizzerebbe il linguaggio verbale, non bisogna sminuire le prime produzioni orale imperfette o i segni che mette in atto per comunicare, anzi i segni andrebbero sostenuti e incoraggiati poiché sono uno dei prerequisiti dell’emergere delle prime parole;
  • chiedere di ripetere meglio: se invece il bambino produce già le prime parole, non bisogna correggerlo chiedendogli di ripetere la parola, poiché così facendo andiamo a sminuire la sua comunicazione verbale;
  • assillarlo di domande: quando il bambino inizia a produrre le prime parole non bisogna iniziare a chiedergli di denominare qualsiasi cosa, perfino noi adulti ci stancheremmo ( dai come fa la mucca? E il cane? Fai sentire alla zia come dici bene “bau bau”? e il gatto?, ecc.).

Atteggiamenti da attuare

Va bene, direte voi, abbiamo capito cosa NON dobbiamo fare, quindi come possiamo stimolare le prime parole di nostro figlio?

Vi sono essenzialmente tre tipi di strategie per farlo:

  • Strategie non verbali
  • Strategie para-verbali
  • Strategie verbali

Strategie non verbali:

Le strategie non verbali sono strategie che non utilizzano il linguaggio, ma aiutano a sostenere e rimarcare il messaggio verbale che vogliamo trasmettere al bambino, utilizzando altri canali:

  • contatto oculare: quando parlate con vostro figlio abbassatevi alla sua altezza e guardatelo negli occhi, questo lo aiuterà a focalizzare la sua attenzione su di voi;
  • centrare l’interesse del bambino: se il bambino in quel momento è interessato a un gioco, è poco utile che voi iniziate a presentargliene un altro, sarebbe importante riuscire a focalizzarci e seguire gli interessi del bambino e partire da quelli per interagire con lui;
  • utilizzare anche i gesti: come precedentemente spiegato, i segni sono importantissimi per lo sviluppo verbale e delle abilità cognitive quindi, quando parlate con il bambino, supportate il vostro messaggio verbale indicando, imitando e facendo segni simbolici;
  • espressioni facciali: per aiutarlo a focalizzare la sua attenzione su di voi e a comprendere il vostro messaggio, enfatizzate le espressioni facciali di gioia, paura, ecc.

Strategie para-verbali:

Le strategie paraverbali utilizzano il linguaggio verbale, ma focalizzando l’attenzione sul come viene veicolato il messaggio:

  • intonazione: come con le espressioni facciali imparate a enfatizzare la prosodia e l’intonazione delle frasi, perché catturerete il suo interesse;
  • velocità d’eloquio: utilizzare un ritmo lento;
  • fare delle pause di almeno 5 secondi, che permettano al bambino di inserirsi nella “conversazione” e di prendere il suo turno;
  • volume della voce: il volume della voce deve esser adeguato, né troppo alto né troppo basso.

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Strategie verbali:

Le strategie verbali focalizzano l’attenzione sul cosa viene detto, e possono aiutare e stimolare l’emergere delle prime parole/prime frasi:

  • denominare in maniera contingente: denominare gli oggetti che sta osservando il bambino permette di ampliare il suo vocabolario. Nel caso poi gli stiate passando voi un giocattolo, avvicinatevelo al viso mentre lo denominate, in modo tale che il bambino veda anche come articolate le parole;
  • ripetere e riformulare le produzioni del bambino: se il bambino pronuncia una parola in maniera errata o una frase incompleta, riformulare la parola/ frase senza enfatizzarne l’errore (es. “mamma copa” –“sì, mamma ha visto la scopa, che bella la scopa// “papà mangia pollo” – “il papà mangia il pollo”);
  • fornire la doppia alternativa: molto spesso, con bambini che parlano ancora poco, la tendenza dei genitori è quella di anticiparli (es. il bimbo indica il frigor: “vuoi il succo? Ora mamma te lo versa”) mentre sarebbe importante lasciar loro la possibilità di scegliere (es. “Vuoi fare merenda? Vuoi il succo o il latte?”, anche se sapete già che vorrà sicuramente il succo);
  • porre domande aperte o con doppia alternativa: per lo stesso motivo visto nel punto precedente, sarebbe meglio evitare le domande chiuse (che richiedono come risposta solo un sì o un no), ma porle sempre aperte o con una duplice alternativa ( “vuoi il gelato o le patatine?”). 

Avete quesiti o dubbi a riguardo? Non esitate a contattarci!

Dott.ssa Alice Bellini, Logopedista, Master in Neuropsicologia dell’Età Evolutiva