Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

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Logopedia

Durante i colloqui con i genitori, nella durata di una telefonata o scambiando semplicemente quattro chiacchiere, spesso mi vengono poste delle semplici domande date dalla preoccupazione del momento o da una semplice curiosità.

Una fra le più frequenti che mi viene posta è: a che età si può iniziare a fare logopedia?

Il primo approccio con un professionista sanitario, in questo caso con il logopedista, è un momento estremamente delicato: non si sa mai con certezza a cosa si va incontro, soprattutto se i diretti interessati sono proprio i nostri figli.

Delle volte noi adulti siamo portati a pensare sempre al lato negativo, analizzando le nuove esperienze in un’ottica talvolta pessimista, vagliando ne dettaglio tutti i pro e i contro.

I bambini invece, non hanno ancora sviluppato il pensiero critico come nell’adulto, perciò vivono le nuove esperienze lasciandosi trasportare da ciò che di nuovo e bello può esserci, sempre alla scoperta di nuovi orizzonti inesplorati.

È troppo piccolo per la logopedia?

E se non ascolta?

Ma non rimane traumatizzato nel rapportarsi con una figura estranea?

Come affermò in un suo famoso scritto il filosofo greco Aristotele, “L’uomo è un animale sociale”: tutti noi siamo naturalmente portati ad aggregarci e a inserirci all’interno di una comunità che prevede al proprio interno dei rapporti inter-personali basati sulla fiducia.

Allo stesso modo i bambini sono dei piccoli “animaletti sociali”: vanno sempre alla ricerca dello scambio comunicativo, al massimo delle loro possibilità, in un’ottica di condivisione esperienziale che possa arricchirli e che li faccia stare bene.

E è proprio in quest’ottica di condivisione dell’esperienza, del vissuto e del momento contingente, che agisce la figura del logopedista: in sintonia con il piccolo paziente, con una propensione all’ascolto e all’accoglienza delle necessità.

Ogni bambino è pronto per mettersi in gioco e in contatto con l’altro, in questo caso il logopedista, con modalità differenti, stili sensoriali e percettivi differenti, sempre in un ottica di ricerca delle reciprocità e dello scambio comunicativo.

Il logopedista attraverso il gioco, propone attività di stimolazione linguistica e comunicativa, calibrate e adattate in base all’età del bambino, al suo stile percettivo, al suo bagaglio esperienziale, per raggiungere gli obiettivi stabiliti e concordati insieme al genitore.

È per questo motivo che ogni bambino, ad ogni età, può essere pronto per la logopedia: una logopedia che è sempre diversa, mutevole, che si adatta in base alle esigenze del bambino e dei suoi genitori.

L’inizio di un percorso lungo e impegnativo come quello della logopedia, necessita dell’unione di forze e di un forte accordo tra bambino-logopedista-genitore.

Dare delle scadenze o mettere di paletti, soprattutto in ambito riabilitativo, delle volte può essere controproducente: perché come tutti gli adulti sono differenti, con le proprie emozioni, idee, pensieri e preoccupazioni, allo stesso modo anche ogni bambino è un individuo unico, ben definito e in quanto tale va rispettato e assecondato.

Se vi state chiedendo quindi quale sia la vera risposta alla domanda “a che età si può iniziare la logopedia?” la risposta che mi sento di dare è:

“Non c’è un tempo preciso per iniziare qualcosa, un’età da raggiungere per poter fare una determinata attività.
Ogni bambino si esprime sempre al massimo delle proprie potenzialità, non esistono bambini pigri o che non hanno voglia di parlare o comunicare.
L’entrare in relazione con l’altro è una necessità per noi uomini “animali sociali”, ed è proprio per questo che iniziare un percorso di logopedia, cioè di relazione, di scambio e di comunicazione, deve configurarsi non come un’esperienza negativa che potrebbe fare il bambino ma come la possibilità di andare alla scoperta di nuove esperienze e di nuovi legami”.

Se leggendo questo articolo ti sei incuriosito su come si svolge il percorso di logopedia, se hai qualche dubbio se iniziare un percorso di logopedia con il tuo bambino ma non sai cosa aspettarti oppure ti hanno consigliato di rivolgerti a un logopedista ma non sai le modalità, i tempi e i requisiti, presso il Centro La Trottola riceve la nostra logopedista Dott.ssa Nicole Baresi che è disponibile ad accogliere ogni vostro dubbio, perplessità o domanda relativi all’ambito logopedico.

Per prenotare un colloquio con la Dott.ssa Nicole Baresi puoi contattare il numero 393 8522 981, inviare una mail a coppure visita il sito.

comportamento alimentare

Come spesso accade quando si lavora nell’ambito della psicopatologia dell’età evolutiva, molte delle famiglie che fanno la richiesta d’aiuto hanno la tendenza a ricercare le cause del malessere dei propri figli in un unico fattore e fuori dalle mura domestiche. Per esempio l’influenza di un insegnante troppo intransigente, può spiegare un disturbo da fobia scolastica, o l’eccessivo utilizzo dei videogiochi diventa causa di disattenzione e iperattività.

Ricercare una singola causa che spieghi l’insorgenza di un disturbo del comportamento rappresenta uno sforzo pressoché inutile, dal momento che l’eziologia di questi disturbi è complessa e multifattoriale.

La stessa posizione vale per i Disturbi del Comportamento Alimentare, la cui cause, forse più di altre patologie, si prestano ad essere attribuite ai mass media e agli ideali di bellezza e perfezione suggeriti dalla società attuale.

Cosa s’intende per Disturbi del Comportamento Alimentare e quali sono?

Quando parliamo di disturbi del comportamento alimentare, facciamo riferimento a tutti quei comportamenti che sono indicativi di un rapporto alterato con il cibo, tale da compromettere la salute stessa dell’individuo.  Secondo la Great Ormond Street Criteria (Lask e Bryant-Waugh, 2013), i problemi alimentari più comuni che si possono presentare dagli 8 ai 14 anni sono:

  • Anoressia nervosa (e forma atipica o sublinica).
  • Bulimia nervosa (e forma atipica o sublinica).
  • Disturbo emozionale con evitamento del cibo.
  • Alimentazione selettiva.
  • Alimentazione restrittiva.
  • Rifiuto del cibo.
  • Paura o fobia specifica con evitamento del cibo (inclusa disfagia funzionale).
  • Sindrome da rifiuto pervasivo.
  • Perdita dell’appetito secondaria alla depressione.

La distinzione tra i diversi disturbi non è sempre chiara e molto spesso ci sono margini di sovrapposizione o la presenza di più disturbi contemporaneamente.

Eziologia dei disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva

L’esordio dei disturbi del comportamento alimentare è associato a molti e diversi fattori di cui nessuno, di per sé, è necessario o sufficiente a spiegare l’insorgenza del disturbo. Per tale motivo si rende evidente la necessità di parlare di un’eziologia multifattoriale, caratterizzata dalla presenza di almeno due o più fattori che predispongono il bambino allo sviluppo di un disturbo di questo tipo.

Le ricerche degli ultimi anni si sono focalizzate prevalentemente sulle vulnerabilità neurobiologiche e psicologiche, in particolar modo è stata posta sempre più attenzione ai fattori di rischio antecedenti, ossia agli elementi che anticipano l’insorgenza del problema e la cui identificazione precoce è importante per l’attivazione di interventi preventivi.

Tuttavia, il riconoscimento delle cause non necessariamente suggerisce una soluzione; di fatto gli attuali trattamenti sono perlopiù indirizzati ai fattori di mantenimento, poiché questi sono più facilmente modificabili rispetto a quelle che possono essere state le cause.

Gli studi condotti finora si sono focalizzati sull’eziologia dell’anoressia, bulimia nervosa e disturbi alimentari da perdita di controllo come il binge-eating. I fattori di rischio individuati possono raggrupparsi in tre grandi macrocategorie: fattori ambientali, genetici e biologici, psicologici e neuropsicologici.

Fattori di rischio ambientali: mass media e ideali di bellezza

Tra i fattori di rischio ambientali di maggior rilevanza per l’insorgere o l’aggravarsi di un disturbo del comportamento alimentare, troviamo gli ideali di bellezza e perfezione imposti dalle culture delle società occidentali.

La pressione sociale a dover essere magri, tonici e di classe sociale elevata, induce a impiegare molte risorse per tentare di raggiungere un “ideale di corpo perfetto” in termini di bellezza e di peso. L’esposizione ai media e l’interiorizzazione di un ideale di magrezza, rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza o l’aggravamento di un disturbo alimentare (Strieghel-Moore e Bulik, 2007).

Fattori di rischio genetici e biologici: ereditarietà e danni cerebrali

Gli studi sull’importanza dell’ereditarietà nello sviluppo dei disturbi alimentari evidenziano che discendenti di origine femminile di un individuo con disturbo del alimentare, hanno una probabilità di sviluppare bulimia nervosa quattro volte superiore, e di undici volte superiore per lo sviluppo di anoressia nervosa.

Sembrerebbe quindi che il genere femminile, in associazione ad una predisposizione ereditaria, abbia una percentuale di rischio nello sviluppare il disturbo superiore al genere maschile con uguale predisposizione ereditaria.

Alcuni fattori perinatali come danni cerebrali indotti da ipossia, nascita prematura, anemia materna, diabete mellito e gestosi associata ad anoressia nervosa della madre, sembrano favorire lo sviluppo di anoressia nervosa, così come l’esposizione a infezioni virali come il fenomeno “Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorder Associated with Streptococcus” (PANDAS), più volte individuato in associazione a diversi disturbi del comportamento in età pediatrica tra cui anche il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo da tic.

Fattori di rischio psicologici: temperamento, stile genitoriale e attaccamento

I fattori psicologici più indagati nella letteratura sui disturbi dell’alimentazione comprendono il temperamento, lo stile di attaccamento, la rielaborazione di eventi negativi come traumi o minacce, la bassa autostima, i comportamenti alimentari precoci, le preoccupazioni relative al peso e alla forma del corpo e i comportamenti di dieta correlati.

TEMPERAMENTO

Il temperamento è concepito come un insieme di caratteristiche innate e specifiche per ogni bambino che definisce azioni, stili di coping e relazioni. Il temperamento viene quindi considerato come il precursore della personalità, ancora in via di sviluppo, che si andrà a formare attraverso le esperienze che il bambino farà nell’interazione con il proprio ambiente.

In rapporto ai disturbi del comportamento alimentare, le caratteristiche temperamentali possono aumentare la vulnerabilità per lo sviluppo di questi problemi (Martin et al., 2000).

Le ricerche suggeriscono l’idea secondo cui l’anoressia nervosa sia associata alla presenza di tratti come il nevroticismo, il perfezionismo, la scarsa ricerca di novità, tratti ossessivi e un’elevata dipendenza dalla ricompensa. Mentre disforia e disregolazione, un’alta propensione alla ricerca di novità e l’impulsività, si trovano più frequentemente nei soggetti con disturbo bulimico.

STILE DI ATTACCAMENTO, STILE GENITORIALE E TRAUMI.

Accanto al temperamento è stata riscontrata un’importante influenza anche da parte del contesto delle relazioni familiari, la teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969; 1979; 1988) ha sottolineato l’importanza della qualità del legame che si instaura tra la figura materna e il bambino, sostenendo come lo stile di attaccamento che il bambino acquisisce all’interno di questa relazione significativa possa costituire un fattore di protezione o, al contrario, un fattore di rischio rispetto agli esiti evolutivi.

Stili di attaccamento insicuro dovuti alla mancanza di disponibilità, da parte della figura materna, alle richieste di protezione e conforto del bambino, sono un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva e adolescenziale.

Un’associazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra abuso sessuale infantile e diagnosi di disturbo alimentare nel periodo successivo al trauma o in epoche successive (Susiman et al.,  2010).

In ultimo, sempre in riferimento all’influenza del contesto familiare, una porzione significativa di soggetti con anoressia nervosa riporta storie di vita caratterizzate da numerosi contrasti, esperienze genitoriali negative e richieste familiari eccessivamente elevate (Pike et al., 2008).

Le cause che inducono al manifestarsi di disturbi del comportamento alimentare sono diverse e agiscono tra di loro in sinergia. L’attenzione posta ai fattori di rischio antecedenti e di mantenimento è importante per un’identificazione precoce del disturbo e la pianificazione di interventi preventivi efficaci.

Per maggiori approfondimenti o per richiedere una consulenza in caso di sospetto disturbo del comportamento alimentare, contatta la nostra psicoterapeuta dott.ssa Elisabetta Boschini al 3494414194 oppure scrivi a centrolatrottola@gmail.com

Riferimenti bibliografici:

Bowlby, J. (1969). Attachment and loss: Attachment. New York: Basic Books.

Bowlby, J. (1979). The making and breaking of affectional bonds. London: Tavistock Publications.

Bowlby, J. (1988). A secure base: Parent-child attachment and healthy human development. New York: Basic Books.

Lask,B., & Bryant-Waugh, R. (2013). Eating disorders in childhood and adolescence. London and New York: Routledge.

Martin et al., (2000). A longitudinal study of the role of childhood temperament in the later development of eating concerns. International Journal of Eating Disorders, 27(2), 150-162.

Pike, K.M. Hilbert, A., Wifley, D.E., Fairburn, C.G., Dohm, F.A., Walsh, B. T., & Striegel-Moore, R. (2008). Toward an understanding of risk factors for anorexia nervosa: A case-control study. Psychological Medicine, 38(10), 1443-1453.

Pizzo S., Massignani V., (2014). Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione in età evolutiva; ed. Erickson Trento.

Strieghel-Moore, R. H. & Bulik, C.M. (2007). Risk factors for eating disorders. Journal of American Psychology, 62(3), 181-198.

Susiman, J.L., et al., (2010). Parental divorce and disordered eating: An investigation of a gene-environment interaction. International Journal of Eating Disorderes, 44(2), 169-177.

Puzzle

Anche nella cosiddetta era digitale i puzzle restano al vertice dei passatempo prediletti da adulti e bambini e noi del Centro La Trottola ne siamo ben felici poiché, secondo un recente studio, risolvere puzzle è una… faccenda seria.

Quante volte ci è capitato di osservare l’espressione assorta e il faccino ben concentrato dei nostri bambini intenti ad incasellare con cura una tessera dopo l’altra? E quante volte è capitato anche a noi di perderci in sudoku, cruciverba e rebus? Queste attività hanno in comune diverse cose: ad esempio, oltre a farci staccare la spina scacciando per qualche minuto pensieri nuvolosi e incombenze varie, regalano alla nostra mente uno stato di gratificazione che la rende subito più reattiva e flessibile.

Quando il gioco dei puzzle è una faccenda seria:

Durante le vacanze estive o di Natale, accanto ai compiti meramente esecutivi di potenziamento grafomotorio, sono solita assegnare delle attività collaterali solo apparentemente slegate, come ad esempio allenarsi a cancellare gli scarabocchi (tracciati con matite graffianti e via via sempre più morbide), impastare la pasta della pizza, creare biscotti stendendo a mano la pasta frolla e premendo le formine con la mano dominante, strappare la carta in modo preciso, realizzare origami, scrivere nella neve, ecc.

Tuttavia, oltre ai compiti, ci vogliono anche dei momenti di relax e di condivisione gioiosa in famiglia, che non sono meno importanti delle mansioni scolastiche. Tanto vale, allora, scegliere qualcosa che non disturbi la bella felicità del periodo di vacanza e che favorisca l’ascolto reciproco, invitando un po’ tutti a dimenticare in un cassetto telefonino, tablet e caricabatteria.

Completare un puzzle, a prescindere dal numero di pezzi e dalla complessità dell’immagine da riprodurre, è un’attività molto utile per stimolare la capacità attentiva, poiché dilata progressivamente i tempi di concentrazione, e per potenziare l’abilità di manipolare mentalmente le figure, requisito importantissimo tanto nelle materie scientifiche quanto nell’acquisizione della letto-scrittura.

 

Puzzle bimbi

 

 

Da un recente gruppo di studio, secondo alcuni ricercatori sembra che cimentarsi fin dall’infanzia con i puzzle favorisca l’emersione di importanti competenze cognitive, quali ad esempio la memoria visiva e di lavoro, la rotazione mentale di figure, il riconoscimento della figura rispetto allo sfondo.

Meglio giocare a puzzle seduti sul tappeto, annusando il profumo del cartone e toccando le singole tessere per stimolare anche l’olfatto e la memoria tattile, che giocare a puzzle su tablet… mi raccomando!

Se vuoi puoi inviarci le foto dei tuoi puzzle una volta ultimati: le pubblicheremo con piacere sulla nostra Pagina Fb come se fossero i coloratissimi quadri di una Galleria d’arte.

Buone vacanze e buon divertimento!