Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

Guarda la brochure

DSA

Sempre con maggiore frequenza negli ultimi anni si parla di disturbi specifici di apprendimento (DSA), con un interesse crescente da parte di insegnanti, genitori, ma anche istituzioni.

Il riferimento normativo è la legge n 170/2010 attraverso cui si riconoscono: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia come disturbi specifici di apprendimento, specificando che questi disturbi si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate e in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali.

Per fare chiarezza, e capire meglio cosa sono, partiamo dall’acronimo DSA.

DSA:

  • DISTURBO e non una malattia. Ovvero l’alterazione riguarda una funzione ed ha una base neurologica; ovvero è espressione di una particolare organizzazione strutturale di alcune aree cerebrali che si discostano dalle modalità comuni. Capiamone meglio il significato attraverso un esempio pratico: ipotizziamo di partire in macchina da Bergamo per andare a Milano e al posto di percorrere l’autostrada si scegliesse di utilizzare le strade secondarie.
    Probabilmente a Milano arriveremo comunque, ma con un dispendio di tempo e di energie maggiore, e questo non per scelta, ma perché il nostro cervello conosce solo quella strada. Inoltre, essendo un disturbo è resistente all’intervento didattico e all’automatizzazione e persiste quindi nel tempo.
    Non deve essere confuso con il termine difficoltà, che indica invece qualcosa di modificabile mediante interventi mirati, e permette il raggiungimento di un’automatizzazione anche se in tempi prolungati.
  • SPECIFICO perché riguarda specifiche abilità mentre l’abilità intellettiva è nella norma. Questo significa che i bambini con questo tipo di disturbo sono intelligenti a differenza di quanto purtroppo diffuso a livello sociale.
  • APPRENDIMENTO, perché riguarda solo le abilità scolastiche di lettura, scrittura e calcolo.

Ma cosa significa essere abili?

L’abilità è la capacità di eseguire una serie di azioni per raggiungere uno scopo, e si diviene abili quando un processo è automatico, quindi non costa fatica, non richiede un’attenzione costante e può essere fatto ripetutamente anche in contemporanea ad altre attività.

Proviamo a capire meglio con un esempio: quanti di voi guidando la macchina devono ancora pensare a quale sia il pedale del freno, quello dell’acceleratore o della frizione? La risposta, a meno che non siate neopatentati, è chiaramente nessuno
Ed il motivo risiede nel fatto che il movimento dei piedi sui pedali è ormai un processo automatico.

Esistono 4 tipologie di disturbi specifici di apprendimento:

  • DISLESSIA o più correttamente dislessia evolutiva: è il disturbo specifico della lettura, viene definita evolutiva per distinguerla da una dislessia acquisita cioè conseguente a danni cerebrali come traumi o ictus. Può essere certificata dalla fine della seconda elementare;
  • DISORTOGRAFIA: disturbo che impedisce l’automatizzazione delle regole ortografiche, può essere certificata dalla fine della seconda elementare;
  • DISGRAFIA: disturbo che riguarda una marcata difficoltà nell’esecuzione della scrittura, la grafia quindi è difficile da leggere, in alcuni casi non risulta leggibile. Può essere certificata dalla fine della seconda elementare;
  • DISCALCULIA: disturbo specifico del calcolo, si può certificare dalla fine della terza elementare, quando si conclude l’apprendimento del sistema di calcolo.

Attenzione, è possibile trovare anche più disturbi associati tra loro, ad esempio è frequente riscontrare in bambini dislessici anche l’aspetto disortografico oppure discalculico.

A questo punto una domanda spontanea potrebbe essere:
«Ma quindi devo portare mio figlio dal logopedista solo al termine della seconda/terza elementare?» La risposta è NO!

Ci sono una serie di campanelli di allarme, ossia di segnali visibili già alla scuola dell’infanzia che suggeriscono una maggior probabilità di sviluppare un disturbo specifico di apprendimento.

Per esempio, è stato studiato (Stella, 2004) che un bambino con disturbo primario di linguaggio, ha l’80% di probabilità di sviluppare poi un disturbo di apprendimento. Fine seconda e terza elementare sono i momenti in cui è possibile certificare il disturbo, ma in caso di difficoltà è necessario agire il più precocemente possibile per supportate il bambino nel processo di apprendimento scolastico.

La scuola dell’infanzia, così come i primi anni della scuola primaria sono quindi periodi importantissimi per acquisire tutte quelle abilità e competenze che serviranno poi per le abilità di lettura, scrittura e calcolo.

Abbiamo parlato di certificare il disturbo, ma sapete chi può certificare un disturbo specifico di apprendimento in Lombardia?

Esistono equipe certificatrici, ossia gruppi di persone, formate da neuropsichiatra infantile, psicologo e logopedista, che soddisfano determinati requisiti e quindi sono autorizzati da ATS a rilasciare queste certificazioni.

Potete trovare i nominativi di tutte le equipe autorizzate all’interno dei siti internet delle diverse ATS, se cercate in quella di Bergamo, troverete anche il Centro La Trottola presso cui è presente un’equipe specializzata e autorizzata proprio sui DSA.

Sospetti che il tuo bambino possa avere un disturbo di lettura, scrittura o calcolo? Non esitare a contattarci, sapremo consigliarti il percorso migliore per te e per il tuo bambino! Non dimentichiamoci che i bambini con disturbi di apprendimento vengono spesso additati come pigri e svogliati, ma non è così, hanno solo bisogno di un aiuto per riuscire al meglio nel loro percorso.

Per qualsiasi informazione o consulenza chiama il numero del Centro La Trottola 331 2212505, ti aspettiamo!

Modello di famiglia la figura del padre

L’inizio del nuovo millennio e del nuovo secolo si sono rivelati un crocevia storico che ha portato numerosi cambiamenti sociali, culturali, tecnologici e di costume.

La rivoluzione del modello di famiglia

Una di queste rivoluzioni la si può osservare nel modello di famiglia, fino a pochi decenni fa infatti il modello preponderante era rappresentato da quella che ancora ad viene definita nucleare, ossia dalla coppia dei genitori biologici e dai loro figli. In pochi decenni di cambiamenti il volto della famiglia è cambiato radicalmente e la nostra realtà quotidiana ci mostra continuamente l’ampio ventaglio di nuove circostanze che oggi possiamo incontrare:

  • Famiglie ricostituite: nate dall’unione di due partner i quali, uno o entrambi, hanno già figli da precedenti relazioni.
  • Famiglie monogenitoriali: formate dal singolo genitore che si prende cura dei figli, che sia una mamma o un papà.
  • Famiglie monoparentali: un’estensione della famiglia monogenitoriale dove ad occuparsi del minore è una figura adulta differente dalla coppia di genitori biologici.
  • Famiglie adottive: dove un minore diventa a tutti gli effetti figlio di una coppia genitoriale differente dalla coppia biologica originaria.
  • Famiglie omogenitoriali: dove un minore, di diritto o di fatto, diventa a tutti gli effetti figlio di una coppia di persone omosessuali.

Questa è solo una macro osservazione di come è cambiato il modello di famiglia in questi ultimi decenni, ma senza perderci in questo labirinto di novità, facciamo uno zoom su quelli che sono due significativi denominatori comuni per qualsiasi modello di famiglia a cui possiamo fare riferimento.

Materna e Paterna, due funzioni irrinunciabili

Come abbiamo visto in molti degli articoli precedenti, i primi anni di vita di un bambino giocano un ruolo estremamente importante nel suo percorso di sviluppo. In questi anni il neonato crea relazioni con le figure significative che lo circondano, relazioni che egli utilizzerà come modello nella creazione dei suoi personali rapporti futuri. Gli adulti che ruotano intorno al bambino quindi sono chiamati ad assumere due importanti funzioni genitoriali, ovvero due modalità relazionali che guidano il bambino nel suo percorso di crescita: la funzione materna e la funzione paterna.

Facciamo attenzione, non ci stiamo riferendo al ruolo, al legame di tipo biologico necessariamente vincolato alle differenze di genere, ma ci stiamo riferendo in questo caso alle funzioni, le quali non sono vincolate ad una differenza genere e le possono abitare anche altri adulti, non solo i genitori biologici; conosciamole.

Funzione materna

La funzione materna è quella deputata all’accoglienza e all’accudimento.

Materna è chi è in grado di prendersi cura dei bisogni, fisici o psicologici, del bambino sintonizzandosi profondamente con lui. Offre una presenza continua e costante necessaria per rispondere ai bisogni psicologici di sicurezza e fisici di dipendenza del neonato.

Ad essa sono stati attribuiti significati molto discussi quali “contenitore”, “base sicura”, “ricarica emotiva”, grazie ai quali il bambino si sente oggetto di un interesse e di un affetto specifico, che gli permette di sentirsi come qualcosa di prezioso e unico.

Funzione paterna

La funzione paterna è quella deputata alla regolamentazione e all’emancipazione.

Paterno è chi è in grado di istituire delle regole di comportamento, ponendo quei limiti e confini necessari al bambino per potersi muovere all’interno di un caos confusivo che contraddistingue i suoi primi anni di vita, legati in modo indissolubile all’esplorazione e alla scoperta.

Paterno è anche chi incoraggia il piccolo a non indugiare in eterno in una bolla di affetto e sicurezza ma ad uscire e andare alla scoperta del mondo che lo circonda, distaccandosi così da una dipendenza fisica ed emotiva scoprendo e guadagnando la propria individualità e autonomia.

Riepilogando quindi, la funzione materna è legata all’accogliere e alla cura, la funzione paterna è legata al normare e all’indirizzare il bambino nel mondo; ciò che determina queste due funzioni più che una dicotomia di definizione è una complementarietà del loro significato.

Qualunque sia il nostro modello familiare di riferimento è fondamentale che i bambini abbiano a disposizione entrambe queste due funzioni, presupposti fondamentali e necessari alla strutturazione dell’identità e dell’autonomia.

«La madre è la stabilità del focolare, il padre è la vivacità della strada» Donald Winnicott

La trasformazione della figura del Papà

Quindi, dopo questa non breve introduzione vorrei ora fare un piccolo viaggio di approfondimento alla scoperta del cambiamento che si è potuto osservare nel ruolo del papà all’interno del modello di una famiglia nucleare.

Senza entrare nel merito di contesto, società e modelli di riferimento che sono stati dei nodi cruciali di cambiamento in questi decenni, possiamo dire che i papà di una volta erano tutti di un pezzo, uscivano la mattina presto e tornavano la sera tardi senza neanche avere la possibilità di vedere e/o stare con i propri bambini.

Su di loro ricadeva la responsabilità del portare a casa i soldi necessari per vivere, mangiare e vestirsi. La sua figura risultava quindi prevalentemente assente nel percorso di crescita dei figli e il suo ruolo educativo si giocava maggiormente attraverso regole e punizioni, che provocavano timore, senso di colpa e, spesso, una lontananza affettiva.

Coccolare un figlio era considerato da molti uomini un gesto che li rendeva deboli agli occhi degli altri: “perché le coccole sono generalmente considerate una cosa da femmine” e “perché il piccolo viene considerato viziato agli occhi della società giudicante”.

Oggi invece i padri sono molto più presenti e sono diventati protagonisti di una nuova relazione con i propri figli, alla ricerca di un modo propriamente paterno per aiutarli nella loro crescita.

Questa nuova modalità educativa del padre non nega nessuno dei significati precedentemente attribuiti alla funzione paterna, il padre rimane ancora oggi sinonimo di azione, risolutezza, rispetto delle regole, promuove l’autostima e la strutturazione di un’autonomia e della propria identità, ma trova anche una grossa novità nella possibilità di stabilire una connessione emotiva e soprattutto di tenerezza.

Oggi infatti sappiamo che il linguaggio dell’incontro tra due corpi e del contatto fisico non indebolisce per nulla l’immagine maschile autoritaria associata alla figura paterna anzi, è una strada che, se percorsa, facilita la formazione di una connessione emotiva e diventa una fonte di nutrimento incomparabile per la mente e per lo sviluppo del bambino.

Le coccole e le carezze dei papà sono quindi una bella novità nella vita dei figli, modalità relazionali che i papà di un tempo difficilmente hanno saputo e/o potuto sperimentare.

Stiamo assistendo quindi ad un’enorme rivoluzione all’interno delle famiglie, i nuovi genitori partecipano e condividono di più la cura dei figli, il padre si confronta con la madre e, insieme ad essa, accompagna il figlio nella crescita.

Dobbiamo fare attenzione però a non passare da un estremo all’altro, può capitare infatti che riducendo eccessivamente la distanza emotiva il padre finisca per confondere il suo ruolo diventando più un amico che un educatore capace di dire di “no”.

Il nuovo è un padre evolutivo che aiuta la madre a separarsi progressivamente dal figlio e a riemergere da quella regressione che la porta ad essere maggiormente connessa e predisposta a cogliere i bisogni del bambino, ed è un padre che aiuta il figlio ad aprirsi e a scoprire il mondo esterno, ma che sa anche porre dei limiti e comunicare che la regola non è semplicemente un impedimento.

Forte segno di questo passaggio del testimone è stato passare dal sentirci dire dalle nostre mamme «se non la smettete stasera lo dico a papà!» ad un moderno «ne parlo con tuo padre», non siamo più in un contesto paterno di minaccia punitiva, ma di una coesione educativa tra mamma e papà: un gioco di squadra tra loro che ha come finalità l’autonomia dei figli.

Il padre accompagna nelle scoperte, con un sorriso rimette i figli in piedi quando questi cadono, indica loro la meta, la direzione e non impedisce al figlio di rischiare, di fare da solo e mettersi alla prova, ma non si allontana neanche mai troppo, rimane vicino e gli dimostra personalmente che è possibile provare a farcela, ma anche che fallire è umano e non è la fine del mondo.

Per fare questo i nuovi papà devono mettersi in gioco totalmente nella relazione con i propri figli, sia in senso metaforico ma anche letterale.

Cari papà, siete pronti quindi a tornare a giocare sul tappeto e a rotolarvi per terra?

E se pensate di non essere più capaci, di non ricordarvi come si fa e/o di essere troppo grandi o troppo vecchi, allora non abbiate paura di chiedere aiuto ai vostri figli, osservateli, sdraiatevi a terra con loro, lasciate che siano loro a mostrarvi e a spiegarvi come si fa, diventeranno per voi i maestri migliori che possiate mai desiderare.

Così, prima ancora di quanto possiamo immaginare, sentiremo sempre più bambini nei parchi urlare con orgoglio «quello è il mio papà!» indicando il proprio padre mentre è impegnato a giocare in un’avvincente battaglia con un gruppo di bambini, che lo hanno oramai circondato da tutti i lati… chi vincerà!?

Buon divertimento e, soprattutto, buona avventura l’uno alla scoperta dell’altro!

Per maggiori informazioni scrivete una email a centrolatrottola@gmail.com o visitate la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

gravidanza

La gravidanza è una condizione propria della donna, dura 9 mesi quindi 40 settimane.

In queste 40 settimane il nostro bimbo cresce dentro di noi: all’ottava settimana il neonato è già formato, dopo di che il suo obiettivo è solamente quello di crescere.

È molto importante quindi iniziare fin da subito a migliorare il nostro stile vita con una corretta alimentazione, una giusta attività fisica ed eliminando i nostri piccoli vizi come fumo o bevande alcoliche.

Il primo trimestre, definito anche fase di adattamento, è quel momento in cui abbiamo un improvviso cambiamento ormonale, in parte responsabile dei sintomi corporei come nausea, vomito e aumento di stanchezza. Questo è il periodo più delicato, in quanto l’embrione si sta formando e tutto quello che nuoce alla salute della donna avrà ripercussioni anche sul futuro bimbo. È proprio in questo trimestre che purtroppo abbiamo la maggiore percentuale di aborti.

Il secondo trimestre è una fase di passaggio, la possiamo anche definire di benessere in quanto la mamma non ha più nausea, vomito ed è più rilassata. In questo periodo però abbiamo l’inizio dei cambiamenti posturali. Ormai il nostro bimbo si è formato e ora ha solo bisogno di spazio per crescere. Il nostro corpo inizia a cambiare.

Il terzo trimestre (o fase di sovraccarico) è invece dedicato alle grosse modificazioni fisiche, dovute principalmente all’aumento del peso e agli annessi fetali. Verso la fine del terzo trimestre il nostro corpo si deve preparare al parto che, se non programmato e se non ci sono complicazioni, sarà un parto naturale.

In questi tre trimestri come si comporta l’osteopata?

Il primo trimestre essendo molto delicato e sapendo che le donne magari scoprono di essere incinte più tardi il trattamento osteopatico non viene consigliato.

L’osteopata inizia il suo percorso con la mamma dal secondo trimestre, quando il feto è in crescita e ha bisogno di spazio. L’obiettivo del trattamento osteopatico è quello di eliminare le disfunzioni che si ritrovano sul corpo della donna, alleviare i primi sintomi o fastidi e armonizzare il corpo in modo che il bimbo abbia lo spazio per crescere, senza che la mamma abbia dolori dovuti dalla non armoniosa mobilità delle strutture articolari e legamentose.

Agirà quindi principalmente sulla colonna vertebrale, sul diaframma, sul bacino, sul pavimento pelvico e sulla gabbia toracica. Le tecniche utilizzate saranno molto dolci, non invasive e non pericolose né per il bambino né per la mamma.

Dal terzo trimestre il lavoro dell’osteopata si concentrerà su quelle articolazione e quei legamenti che verranno maggiormente messi sotto pressione durante il parto. Questo per cercare di favorire un parto il più fisiologico possibile e senza complicazioni.

Il principale obiettivo del trattamento osteopatico è quindi quello di preparare il corpo della mamma al parto, tenendo conto del suo vissuto, della sua storia clinica e dei suoi cambiamenti posturali.

Ricordiamoci che maggiore il nostro corpo sarà armonioso, minori saranno le complicazioni sia durante la gravidanza che durante il parto.

La salute del nostro bambino inizia già all’interno del nostro corpo, più noi saremo serene e senza sintomatologia più il nostro bimbo non avrà problemi nel nascere e il tutto risulterà fisiologico.

Impariamo a prenderci cura di noi stesse e del nostro corpo soppratutto in gravidanza!

La vostra osteopata Ilaria Fusari