Insegnanti efficaci

Corso di aggiornamento Professionale sulla relazione interpersonale e sulla comunicazione

Descrizione del corso

Il corso Insegnanti Efficaci è la versione italiana di Teacher Effectiveness Training. Assieme ai corsi paralleli per genitori e per giovani esso si basa sul modello formativo dell’ Effectiveness Training International. ideato da Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, e diffuso in tutto il mondo dai suoi numerosi collaboratori.

Il corso Insegnanti Efficaci si prefigge di sviluppare o migliorare la sensibilità e le competenze necessarie per affrontare con successo i complessi e molteplici aspetti della vita scolastica. Esso unisce la psicologia umanistica di Carl Rogers con la riflessione pedagogica, la ricerca metodologica e le tecniche didattiche più avanzate, nella definizione di un modello di aggiornamento professionale capace di massimizzare e ottimizzare la qualità dell’esperienza scolastica e il tempo di lavoro effettivamente utile e significativo, riducendo al minimo il malessere delle persone.

A tal fine il corso valorizza la sensibilità e la tendenza formativa presente nelle persone e facilita l’acquisizione delle competenze necessarie per risolvere i numerosi e complessi problemi di relazione e di comunicazione che insorgono quotidianamente nel contesto della scuola.

Tali abilità, una volta acquisite, facilitano realmente la soluzione dei problemi e progressivamente contribuiscono alla creazione di un clima di lavoro salutare, soddisfacente e produttivo per l’intera comunità scolastica. Un ulteriore vantaggio è nella possibilità di trasferire tali capacità relazionali in altri contesti come la famiglia, il lavoro, le amicizie.

Ciò che distingue questo corso da numerose altre proposte formative è il suo obiettivo di unire il pregio della sistematicità e compiutezza a quello della relativa brevità del tempo di aggiornamento, il tutto a costi facilmente accessibili.

Caratteristiche

E necessario innanzitutto precisare che quello che viene qui presentato, diversamente dalla utilizzazione parziale che ne è stata fatta finora in Italia, è il programma originale e completo così come è stato elaborato da Thomas Gordon e come viene attualmente diffuso e applicato in altre nazioni.
Il corso è tenuto esclusivamente da persone formate e autorizzate da Effectiveness Training Inc.. In Italia tali persone sono certificate dall’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP) che ha l’esclusiva del metodo.

Insegnanti Efficaci è un corso breve (durata minima di 24 ore) di aggiornamento organico e integrato, che ha per destinatari docenti, animatori e educatori, e chiunque debba esercitare nel suo ambito attività di insegnamento.

Questo corso è forse il programma di maggior successo che sia mai stato indirizzato agli insegnanti allo scopo di migliorare la conduzione della classe, il controllo della disciplina e la capacità di comunicazione interpersonale, di risolvere i conflitti e incrementare la consapevolezza nel campo dei valori e delle scelte.
Dal suo inizio ad oggi si sono formati in questo metodo oltre un milione di insegnanti e formatori di oltre trenta paesi del mondo.

Il Teacher Effectiveness Training, realizzato da Gordon nel 1966, si basa sul pensiero e sulla prassi educativa di Carl Rogers e integra l’approccio umanistico con tecniche didattiche avanzate. Esso è strutturato in modo da proporre contemporaneamente e in maniera integrata il livello della teoria e quello della esperienza ed ha pertanto una valenza cognitivo-esperienziale.

Esso deriva da numerose e qualificate esperienze di ricerca pedagogica, e si compone di una serie di metodi che i partecipanti possono apprendere e applicare nel loro lavoro come nella loro vita.

E’ opportuno sottolineare che, al di là dei metodi e delle tecniche, è di fondamentale importanza che i partecipanti comprendano e condividano i principi concettuali a cui essi si ispirano: una filosofia decisamente democratica, centrata sul rispetto delle persone, e basata sulla convinzione che in caso di conflitto non è giusto che a vincere sia solo una delle due parti in causa (ad esempio: l’adulto o l’adolescente). Una soluzione produttiva viene raggiunta solo quando entrambi si sentono vincenti perché hanno veramente collaborato nella comprensione del problema e nella ricerca delle soluzioni, un clima di autentica condivisione del potere e della responsabilità.

Obiettivi

Obiettivi generali

Lo scopo principale del corso Insegnanti Efficaci è quello di sviluppare e affinare la competenza relazionale degli insegnanti di ogni ordine e grado. Vuole formare “insegnanti efficaci” nella comunicazione educativa, intendendo per efficacia la capacità di esercitare una effettiva, concreta influenza sugli allievi senza far ricorso all’uso del potere.

Più in particolare lo scopo di questo corso è quello di incrementare la qualità e la quantità di tempo dedicato nella scuola al processo di insegnamento/apprendimento facendo risparmiare a insegnanti, allievi e responsabili della scuola tempo ed energie facilmente dispersi per far fronte ai problemi e ai conflitti presenti nelle classi e nella scuola.

insegnanti efficaci

Obiettivi specifici

Gli obiettivi del corso possono essere chiaramente compresi se si fa riferimento alle seguenti competenze relazionali che i partecipanti hanno l’opportunità di apprendere, e che costituiscono di fatto il contenuto del corso:

  1. Osservare e descrivere oggettivamente il comportamento, proprio e degli altri, evitando l’uso di etichette, valutazioni e giudizi personali fuorvianti.
  2. Identificare le aree problematiche ed apprendere ad attribuire correttamente, in situazioni conflittuali, la competenza dei problemi a noi o agli altri al fine di individuare una via di soluzione.
  3. Apprendere nuove e più efficaci modalità di ascolto e comprensione empatica al fine di avviare in modo utile una relazione di aiuto.
  4. Confrontarsi positivamente e produttivamente con gli altri, specialmente nelle situazioni in cui gli altri hanno comportamenti per noi “inaccettabili”, esprimendo in modo chiaro e congruente fatti, pensieri e sentimenti.
  5. Esprimere liberamente le proprie emozioni e le proprie opinioni senza ferire o ingannare l’
  6. Saper integrare le capacità di ascolto e di confronto precedentemente apprese.
  7. Apprendere come e quando impiegare metodi “democratici” nella risoluzione dei conflitti, al fine di individuare soluzioni comuni che rispondano ai bisogni di tutte le parti in causa.
  8. Offrire opzioni efficaci a risolvere le collisioni di valori.
  9. Struttura del corso

Il Corso è di­viso in otto moduli:

1° modulo

  • Presentazione del corso e degli obiettivi.
  • Analisi delle aspettative e dei bisogni dei partecipanti.
  • Definizione del comportamento. Comportamenti dell’
  • Come capire il comportamento delle persone.
  • Il rettangolo del comportamento.
  • Come riconoscere, affrontare e risolvere i problemi.
  • Di chi è il problema?

2° modulo

  • Come prestare ascolto e attenzione all’
  • Le barriere alla comunicazione.
  • La teoria della comunicazione.

3° modulo

  • Le caratteristiche di una relazione di aiuto.
  • L’ascolto passivo.
  • L’ascolto attivo.
  • L’

4° modulo

  • Come ottenere ascolto e attenzione dagli altri.
  • I messaggi in prima persona.
  • Il confronto e l’assertività.
  • Genuinità e empatia.

5° modulo

  • Come trattare la resistenza al cambiamento.
  • La teoria dell’iceberg: cosa c’è sotto l’ira?
  • La teoria dei bisogni di Maslow.
  • Il cambio di marcia.

6° modulo

  • Come risolvere gli inevitabili conflitti in modo che tutte le parti in causa si sentano rispettate.
  • Conflitti su bisogni concreti e collisioni di valori.
  • Stili di risoluzione dei conflitti.
  • Come lavorare efficacemente in team.

7° modulo

  • Uso del potere.
  • Metodi I e II: aspetti positivi e aspetti negativi.
  • Come rendere produttiva la conflittualità.
  • Il metodo III.

8° modulo

  • Come promuovere l’autocontrollo e l’
  • Come modificare l’ambiente scolastico.
  • Come trattare le collisioni di valori.
  • Le opzioni ad alto e a basso rischio per la relazione.

Metodologia

Il corso Insegnanti Efficaci si ispira ai modi di essere” e agli atteggiamenti facilitanti” di Carl Rogers e si presenta come un corso strutturato, con sequenze temporali precise e ricco di materiale didattico. Attua una forma di apprendimento attiva e impegna i partecipanti nella diretta esperienza dei concetti e delle abilità insegnate. Facilita la condivisione di esperienze e l’espressione di idee, dubbi e problemi.

Il processo di apprendimento si svolge lungo un cammino articolato in quattro momenti essenziali:

Strutturare le varie attività: si tratta di una breve presentazione dei contenuti e degli obiettivi di ogni modulo, con l’uso di sussidi audiovisivi.

Interessare i partecipanti con l’uso di role play, di ricordo guidato di importanti esperienze, di riflessioni scritte, di esercizi, di casi esemplari, di laboratori esperienziali effettuati in coppie, triadi, piccoli gruppi.

Discutere quanto appreso condividendo in piccoli e grandi gruppi le intuizioni e le nuove tecniche apprese.

Applicare quanto imparato e sperimentato nelle proprie attività personali e professionali, esercitandosi con il personale della propria scuola, in famiglia ecc. e cominciando a pianificare l’uso costante delle abilità apprese nel proprio lavoro.

Materiale didattico

I partecipanti utilizzeranno un quaderno di lavoro (workbook) appositamente predisposto. Alla fine del corso ogni partecipante riceverà un certificato di partecipazione.

Organizzazione

Il corso ha una durata di 24 ore suddivise in 8 incontri di 3 ore ciascuno oppure in 4 incontri di 6 ore ciascuno. Soluzioni differenti possono essere concordate.

Formatore

Il corso sarà tenuto dalla Dott.ssa Simona Volpi Psicologa – Psicoterapeuta individuale e di gruppo dell’Approccio Centrato sulla Persona – Formatrice Gordon.

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Pediatra

Spesso negli incontri con i futuri genitori, mi viene posta questa domanda.

È una domanda molto difficile perché per scegliere un buon medico dobbiamo capire in prima battuta quali caratteristiche stiamo cercando e, solo a quel punto, affrontare la ricerca su chi possa soddisfare i nostri requisiti.

Ma partiamo dall’inizio.

Chi è il pediatra?

Il pediatra è lo specialista in medicina che si occupa di bambini dalla nascita all’adolescenza. Ha conseguito prima una laurea in medicina e poi una specializzazione altrettanto lunga in pediatria. È quindi la figura di riferimento per accompagnare i bambini nella crescita preservandone la salute o curandola.

Il pediatra di famiglia (o di base) è lo specialista che viene attribuito dal Sistema Sanitario Nazionale a ogni bambino, sono medici che vengono selezionati attraverso un concorso e ai quali vengono assegnate delle zone di competenza.

Quando devo andare dal pediatra?

Si ricorre al pediatra in diverse situazioni, che possono però essere riassunte in due distinte categorie: la valutazione attraverso dei bilanci di salute della crescita del proprio bambino; la diagnosi e successiva cura di eventuali malattie.

Ma vediamo nel concreto di cosa si tratta.

Bilanci di Salute

I bilanci di salute o visite filtro, sono delle visite di controllo stabilite regionalmente che valutano lo stato di benessere e  la crescita complessiva del bambino.

Il pediatra stabilirà insieme al genitore il calendario di incontri, seguendo il crono programma stabilito da Regione Lombardia (come riportato nella tabella).

Prima visita1-45 giorni DI VITA
Seconda visita2°-3° MESE
Terza visita4°-6° MESE
Quarta visita7°-9° MESE
Quinta visita10°-12°MESE
Sesta visita15°-18°MESE
Settima visita2-3 ANNI
Ottava visita5-6 ANNI
Nona visita8-10 ANNI
Decima visita12-13 ANNI

Cosa succede in queste visite?

Durante queste visite il pediatra esegue dei “test di valutazione”, che variano In base all’età del bambino: tra questi, per esempio, possiamo ricordare il test per la vista, la valutazione sensoriale e motoria, la valutazione del linguaggio e tante altre cose che vanno a definire lo sviluppo armonico del bambino.

Di base ci saranno sempre le valutazione di crescita del bambino e quindi il controllo del peso, l’altezza, e l’esame fisico.

I bilanci di salute sono quindi visite che servono per monitorare la crescita del bambino e a porre attenzione su possibili disarmonie o rallentamenti di crescita. Fondamentali anche per i genitori perché, in queste visite, possono approfondire approcci educativi o di gestione delle varie fasi di crescita dei loro bimbi (come ad esempio il bisogno di contatto del bambino, il sonno, la relazione con gli altri, l’alimentazione complementare, la gestione dei litigi e dei “capricci”).

Diagnosi e cura delle malattie

Il secondo valido motivo per andare dal pediatra è la diagnosi e la cura in caso di malattia.

Ricordiamoci che il pediatra è lo specialista in medicina dedicato alla salute dei bambini e, quindi, la figura a cui rivolgersi in caso di malattia dei più piccoli.

Ogni medico ha un approccio diverso rispetto alla gestione delle visite dei bimbi ammalati, è quindi importante parlarne e concordare con il proprio pediatra una strategia condivisa. Ad esempio ci sono pediatri che decidono di visitare i bimbi ammalati solo in una fascia oraria per non mischiarli con i bimbi in attesa di bilanci di salute. Ciò è utile saperlo soprattutto se il pediatra riceve ad accesso libero e non su appuntamento. Allo stesso modo è molto importante sapere in quali casi è valutata la visita al domicilio.

Alla luce di questo, come scelgo il pediatra che fa per me?

Innanzitutto è doveroso ricordarsi che i bambini sentono e capiscono tutto quello che i genitori provano: se non siamo sereni o non ci fidiamo dello specialista che abbiamo davanti, trasmetteremo questa sensazione anche ai nostri figli.

Di conseguenza, è importante che la relazione con il pediatra del mio bambino sia il più possibile di rispetto reciproco e fiducia: anche da questo deriveranno gli atteggiamenti di chiusura o di apertura del bambino verso il proprio medico.

Ovviamente, come è richiesto al genitore di rispettare e fidarsi dell’operato del pediatra, anche il medico deve essere rispettoso delle scelte genitoriali della famiglia che accoglie. Può esprimere il suo parere e saggiare le motivazioni di alcune scelte (ad esempio l’alimentazione), se non convinto, comunicare il proprio dissenso e indirizzare verso altri professionisti in caso di dubbi ma non può giudicare ne porsi in modo arrogante.

Il buon pediatra inoltre, non considera solo la relazione con il genitore, anzi, ha un bell’approccio con il suo piccolo paziente, lo saluta, lo chiama per nome, comunica con lui tutte le procedure che deve svolgere e chiede il permesso, al bambino, di ogni manovra e di ogni contatto.

Ricapitolando, oltre alla necessaria professionalità dello specialista che avremo davanti, Vien da se che le ulteriori caratteristiche che il mio pediatra deve soddisfare derivano dalla nostra famiglia e da quello che stiamo cercando.

Ad esempio: siamo una famiglia vegetariana, vogliamo crescere i nostri figli vegetariani. È difficile trovare un pediatra di base che abbia approfondito la nutrizione in generale, in particolare quella vegetariana. Probabilmente non sceglierò un medico che ad ogni visita insiste sull’introduzione di carne e derivati nell’alimentazione del mio bambino. È probabile che la scelta del mio pediatra ricada su una persona che, anche se non condivide la scelta alimentare, sa osservare i segni di benessere nutrizionale, rispetta le scelte familiari e coglie l’occasione per aumentare la propria conoscenza.

Dove?

Secondo me, un’altra importante componente della scelta del pediatra è il luogo di ricevimento e la distanza dal proprio domicilio.

Posso raggiungere a piedi o attraverso i mezzi lo studio del mio pediatra? Se dovessi andare in macchina, c’è parcheggio?

Attualmente a Bergamo ci sono 14 pediatri, dislocati in poche zone:

  • Centro città di Bergamo
  • Longuelo
  • Santa Lucia
  • Monterosso
  • Bergamo zona Stadio

Se ti capita di parlare con mamme che hanno il tuo stesso pediatra, chiedi loro come si trovano e come si trovano i loro bimbi. Ricorda che sarà il medico che li accompagnerà nella loro crescita, è importante creare un rapporto di fiducia e rispetto!

Un discorso a parte lo meritano i pediatri in libera professione:

Mi capita spesso di incontrare mamme che hanno un pediatra del SSN e uno privato. Spesso questa scelta è dettata dal fatto che non è semplice instaurare una relazione di fiducia e di rispetto. Purtroppo dato il numero esiguo di medici pediatri del SSN è molto difficile cambiare medico dopo la prima scelta o assegnazione d’ufficio.

Molti dei genitori che incontro, scelgono di avere un’altra possibilità di confronto perché è non trovano punti di concordanza con il pediatra scelto o assegnato da ATS.

L’esempio classico è il pediatra che non accetta lo stile genitoriale della famiglia che incontra: i genitori quindi si sentono giudicati, rimproverati e non accolti nelle loro domande proprio a causa dei preconcetti del pediatra. Caso tipico: l’allattamento al seno e la sua durata, oppure il sonno condiviso o l’alimentazione vegetariana, ma ci sono moltissimi altri motivi.

Anche per la scelta del pediatra in libera professione valgono gli stessi criteri: Fiducia, educazione, rispetto, empatia e accoglienza nei confronti del bambino e vostri!

Se sei interessato all’argomento e vuoi saperne di più oppure se vuoi richiedere un primo appuntamento per conoscere la nostra Ostetrica, scrivi una mail a centrolatrottola@gmail.com oppure contattaci al numero 331 221 2505 e chiedi un appuntamento con la Dott.ssa Claudia Frigeni, ostetrica e IBCLC.

Bambini e sport

L’essere umano vive di movimento ed è da esso definito sin da subito, infatti già prima di nascere nella pancia della sua mamma è in grado di compiere dei piccoli movimenti. Se vogliamo parlare di sport e attività fisica dobbiamo cominciare di primi primissimi anni di vita definiti da movimenti del tutto spontanei e innati. Nei primi mesi di vita si parla dei riflessi neonatali, ovvero reazioni motorie automatiche messe in atto a seguito di determinate stimolazioni ambientali. Questi riflessi scompariranno in modo del tutto naturale entro il compimento del primo anno.

Nel corso dei primi 3 anni il bambino comincia a muovere i suoi primi passi, a sperimentare la propria corporeità, la propria motricità, a sperimentare sé stesso scoperta dopo scoperta e tutte queste esperienze pian piano si trasformano in stimoli continui per quel processo di maturazione del sistema nervoso, struttura quelle che vengono chiamate connessioni neuronali.

Dopo i tre anni il bambino compie il suo ingresso nella scuola dell’infanzia, avvento della sua prima socialità vera e propria. La scuola diventa l’arena dove i suoi bisogni si scontrano con quelli dei suoi pari, si sviluppa il gioco simbolico e la capacità di rielaborazione personale delle proprie esperienze vissute e allo stesso tempo sono anni di fondamentali di numerose e stravaganti sperimentazioni motorie.

Arriviamo quindi ad un vero giro di boa, quello dei 6 anni quando il bambino inizia il suo percorso alla scuola primaria. In questi anni avviene un cambiamento radicale nel ruolo che il movimento gioca nella giornata dei bambini, infatti l’apprendimento e la crescita non avvengono più solamente tramite modalità motorie e relazionali, ma cominciano a richiedere anche sforzi e competenze puramente cognitive in assenza di movimento, senza ovviamente dimenticarsi di quest’ultimo. Sono gli anni in cui il bambino comincia a comprendere la soggettività dell’altro, sono anni di sviluppo fisico e anatomico, coordinazione, forza muscolare, preferenze, maturazione visiva, maggiore integrazione e sinergia tra i diversi sistemi anatomici sono solo alcuni dei tanti cambiamenti che avvengono.

Bambini e sport

Movimento ed apprendimento

Da questa breve introduzione capiamo quindi come nei primi sei anni il movimento è il mezzo tramite il quale il bambino fa esperienza del mondo e come non possa esistere un apprendimento e uno sviluppo cognitivo senza il movimento. A sei anni la crescita fisiologica del sistema neuronale non è più così strettamente dipendente dal movimento, ha raggiunto quindi un livello in cui può cominciare a svilupparsi indipendentemente dal movimento.

Questo non vuol dire che dai 6 anni in poi il sviluppo motorio e sviluppo cognitivo non si influenzino tra di loro, ma che cominciano a strutturarsi su due binari tra loro paralleli, estremamente comunicanti, ma che allo stesso tempo permette ad entrambi i sistemi di progredire ulteriormente nel loro cammino di maturazione.

Il movimento diventa quindi più controllato, fine, fluido e dissociato. La forza e il lavoro in sinergia dei muscoli migliorano, allo stesso tempo il pensiero si struttura sempre di più, migliorano le abilità cognitive di analisi, confronto, flessibilità e anticipazione.

Tra 7 e 11 anni il bambino supera la visione egocentrica della realtà, pur non riuscendo ancora ad assumere il punto di vista altrui. Si parla di pensiero dinamico, decentrato e reversibile, ma ancora vincolato al contesto presente.

Tra 11 e 15 anni il bambino acquisisce un pensiero ipotetico-deduttivo. Le operazioni mentali non sono più limitate a concetti concreti e contestuali e il pensiero diventa quindi intuitivo, flessibile, anticipatorio, logico e astratto. E’ in grado inoltre di differenziare le diverse prospettive sia degli individui che dei gruppi.

Bambini e sport lo sviluppo dell'attività agonistica

L’attività sportiva e le sue fasi di sviluppo

L’attività fisico-motoria quindi risulta essere una necessità sin dalla nascita, ma possiamo distinguere diverse fasi dello sviluppo dell’attività fisica per il bambino:

  1. Fase di introduzione all’attività sportiva: 6 – 10 anni 

Nella prima fase dell’età scolare il bambino può utilizzare le competenze acquisite spendendole e migliorandole all’interno di un’attività fisica aspecifica. Il bambino non deve essere indirizzato verso una sola disciplina (scelta univocamente dal genitore), ma deve essere libero di poter scegliere di praticare diverse discipline che siano di suo gradimento, sempre con uno spirito di gioco e non di competizione.

Già dagli 8 anni si può cominciare ad introdurre il bambino in attività più specifiche e verso gli sport di squadra come calcio, basket, pallavolo, pallanuoto, rugby. Ma anche gli sport individuali come arti marziali, tennis, scherma, ciclismo possono rappresentare una buona alternativa.

  • Fase dello sviluppo atletico: 10 – 14/15 anni

Intorno ai 10 anni si entra nella 2° età scolare e si può iniziare a parlare di attività fisica a livello competitivo. La fase di sviluppo atletico è la ‘‘migliore età per l’apprendimento’’, il bambino infatti mostra:

  • Un ottimo controllo corporeo
  • Alta capacità di apprendimento di movimenti complessi e della tecnica, anche in forma precisa
  • Fase della specializzazione: 15 – 19 anni

Nel momento della pubertà (11-14 anni per le femmine e 13-15 anni per i maschi) abbiamo la fase nella quale inizia una estrema differenziazione di genere e di frequente cala l’interesse per l’attività sportiva lasciando spazio ad altri interessi personali.

Dai 14/15 anni in poi, nel momento dell’adolescenza le diverse fisicità e la crescita fisiologica dei corpi cominciano a stabilizzarsi, cominciamo a testare le nostre capacità a livelli elevati ed intensi cercando di migliorare i nostri limiti fisici.

  • Fase delle alte prestazioni: oltre i 19 anni

Oltre i 19 anni si entra nell’età adulta e alcuni scelgono di sviluppare e migliorare le loro capacità fisiche fino a farle diventare una professione.

Bambini e sport Centro La Trottola per l'età evolutiva

Attività fisica VS attività sportiva

Facciamo una rapida distinzione tra attività fisica e agonismo.

Per attività sportiva agonistica si intende quella attività praticata in modo continuativo, sistematico, esclusivamente in forma organizzata, finalizzata al conseguimento di prestazioni sportive di elevato livello e che richiede un elevato impegno psico – fisico.

Per attività sportiva non agonistica (attività fisica) invece, si intende un tipo di attività che, pur avendo caratteristiche simili all’attività agonistica, si differenzia per il minore impegno e l’aspetto competitivo non mirato al conseguimento di prestazioni sportive di elevato livello

Da quale età si può quindi parlare di sport agonistico per il bambino?

L’età di accesso al livello agonistico è definita come tale da ciascuna singola Federazione e Disciplina Sportiva, approvate dal CONI e dalla FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana).

La tabella ufficiale delle età di accesso all’attività agonistica suddivisa per federazioni e discipline sportive la potete trovare cercandola online, citiamo solamente qualcuna delle discipline sportive più famose, ad esempio il calcio a 12 anni, il nuoto a 8/10 anni, la danza a 8 anni, la pallavolo a 14 anni, le arti marziali a 12 anni.

Quest’ultimo concetto che mi premeva trasmettervi quindi, è che attività fisica e attività sportiva non sono propriamente tra loro sinonimi e non indicano la stessa identica cosa. Per parlare di sport è necessario salire molto i gradini della complessità, e la parola sport spesso sott’intende la parola agonismo.

La pura attività fisica è a portata di tutti sin da prima della nascita, ma per intraprendere un’attività sportiva specialistica, in particolar modo se a livelli agonistici, il bambino deve necessariamente aver raggiunto un adeguato livello di maturazione psico-fisico, altrimenti si rischiano di causare più danni che benefici.

Se l’argomento vi ha incuriosito e volete maggiori informazioni contattatemi e scrivete una email a centrolatrottola@gmail.com oppure visitate la nostra pagina Facebook “La Trottola – Centro per l’Età Evolutiva”.

Dottor Marco Bonacina – Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapista DIR Floortime, Insegnante Certificato A.I.M.I., IBFF® Official Instructor

nervo accavallato

Ci capita delle volte di soffrire per un dolore acuto e lancinante, che spesso si manifesta in modo inaspettato.

Tastando la zona dolente percepiamo un indurimento localizzato di un tratto di tessuto e subito realizziamo: “ho un nervo accavallato!”

Per nostra fortuna però, i nervi non si possono accavallare a nulla, sono belli saldi nella loro sede protetti da muscoli, fasci e ossa. Quindi di che si tratta?

Stiamo facendo i conti con un’infiammazione derivata dall’eccessiva contrazione muscolare che provoca un così detto “trigger point” muscolare.

Le parti del corpo interessate dalla contrattura muscolare si presentano a volte molto doloranti, spesso rigide al tatto, dure e poco malleabili proprio perché contratte. 

Che cos’è che provoca questi eventi così acuti? Le cause possono essere sempre diverse, nella maggior parte dei casi si parla di un eccesso di sedentarietà o mantenimento di postura scorretta, soprattutto a lavoro per esempio, quando è più facile perdere l’attenzione su come ci muoviamo o ci sediamo.

Un’altra situazione che può causare queste contratture sono i periodi di stress eccessivo, in cui solitamente la zona colpita è quella di collo e spalle, oppure ancora l’aver praticato un’intensa attività fisica, dopo la quale i nostri muscoli si irrigidiscono per lo sforzo effettuato, per farci evitare altri movimenti impegnativi nella fase di recupero. Ultimo ma non meno importante, anche un improvviso cambiamento climatico può portarci a un blocco muscolare, basti pensare ai giorni di cambio stagione con sbalzi di temperature e umidità.

Come posso riconoscere questo trigger point?

La sintomatologia varia a seconda del distretto corporeo: per la cervicale, il classico torcicollo è l’esempio più adatto, un dolore lancinante al collo in seguito ad un brusco movimento della testa;

Per la schiena invece, il dolore ha spesso la caratteristica di una trafittura, soprattutto quando si verifica nel muscolo trapezio insorgendo in zona scapolare.

Per gli arti, quindi braccia e gambe, si può percepire un crampo con intenso formicolio con notevole limitazione al movimento.

I crampi sono segnali da non sottovalutare!

Sono causati da situazioni simili a quelle delle contratture più insistenti, quindi sbalzi di temperatura, attività fisica troppo intensa, ma anche disidratazione o alterazione neuromuscolare. Per risolverli nell’immediato è essenziale effettuare l’allungamento del muscolo interessato, così da distendere le fibre muscolari e rilassare la zona.

Sia per i crampi improvvisi, sia per i trigger point, la terapia si basa sul calore:

impacchi caldi, creme riscaldanti, ma soprattutto massaggi, che possono con diverse manualità risolvere velocemente il problema.

Ora che sappiamo che i nostri nervi non hanno nessuna intenzione di accavallarsi, sappiamo che tutto sta al nostro sistema muscolare, che ci dà segnali ben chiari sul nostro stato psico fisico.

Ci sono quindi dei consigli da seguire per evitare questi fenomeni fastidiosi?

Al di là dell’evento acuto, il noioso “accavallamento nervoso” trova origine nelle contratture muscolari spesso causate da una scorretta postura del capo, della schiena e delle braccia durante la vita quotidiana.

Sarebbe quindi ottimale il mantenimento di una postura corretta quando si è obbligati a rimanere fermi per lunghi periodi (soprattutto sul posto di lavoro, alla scrivania, davanti al pc, in auto, in aereo, ecc.) e altrettanto utile sarebbe lo svolgimento di un’attività fisica regolare ma soprattutto corretta, che comprenda ampie fasi di riscaldamento muscolare prima dell’attività e di allungamento muscolare al termine dell’allenamento.

Il massaggio è quindi utile soltanto come terapia?

Assolutamente no, anche il mantenimento di una seduta di massaggio, anche solo una volta al mese per esempio, aiuta a sciogliere tutte quelle tensioni che se trascurate e trascinate nel tempo potrebbero sfociare poi in dolore acuto è invalidante. 

MCB Mattia Dusatti