LE BASI PER UN’ALIMENTAZIONE SANA: CONDIMENTI, CONTORNI E BEVANDE

Basi alimentazione sana

Nello scorso articolo abbiamo imparato a comporre un pasto e approfondito il discorso relativo a carboidrati e proteine.

Oggi completeremo il Piatto Sano parlando di grassi, frutta, verdura e bevande.

UNA PORZIONE DI OLI SANI – i condimenti

Tra grassi “buoni”, olio extravergine e frittura

Le porzioni di grassi del piatto sano si riferiscono sostanzialmente ai condimenti: il nostro tanto decantato olio extravergine d’oliva.

Prima di parlare degli oli, però, cerchiamo di capire bene cosa intenda quando si parla di grassi alimentari.

I grassi sono macronutrienti fondamentali: dimagrimento o non dimagrimento, dobbiamo assumerli quotidianamente, senza temerli.

I grassi non fanno ingrassare. La dieta ipercalorica (e magari anche sbilanciata) sì.

Queste molecole svolgono funzioni basilari che vanno ben oltre alla nota funzione energetica: prendono parte alla struttura delle membrane cellulari, sono precursori di ormoni e veicolano l’assorbimento di micronutrienti importanti (come le vitamine liposolubili).

A livello di classificazione generica, si distinguono in insaturi e saturi a seconda che contengano o meno doppi legami al loro interno.

Il gruppo degli insaturi comprende i celebri polinsaturi della serie omega-3 e omega-6: la loro fama è dovuta al fatto che il nostro corpo non è in grado di autoprodurli e, pertanto, deve assumerli con l’alimentazione in rapporti ben precisi, che sono nell’ordine di 6:1 per omega-6:omega-3.

<<ma se sono buoni ne posso mangiare di più?>>
Il termine “buoni” non si riferisce alle loro calorie ma alle loro funzioni:
caloricamente parlando sono uguali a tutti gli altri grassi.

Attenzione alle mode: l’integrazione di omega-3 senza effettivo bisogno può essere dannosa.

Il gruppo dei grassi saturi comprende una serie di molecole il cui solo nome incute un certo timore: non ne abbiate eccessiva paura, nelle dosi raccomandate sono anzi assolutamente benefici per il nostro organismo. Il danno è unicamente associato a un eccesso alimentare.

Discorso analogo vale per il colesterolo.
Questo composto, a lungo bistrattato, riveste una certa rilevanza fisiologica come stabilizzatore delle membrane cellulari e precursore di acidi biliari, ormoni steroidei e vitamina D.
E adesso, rullo di tamburi…
Una dieta priva di colesterolo è tanto dannosa quanto una dieta che ecceda in colesterolo. Quindi vi prego, non abbiate paura del tuorlo dell’uovo.

Fino ad ora è filato tutto liscio…
Adesso arrivano quelli cattivi per davvero, i grassi trans, quelli delle merendine e dei prodotti confezionati. La loro struttura chimica non esiste in natura idrogenazione industriale o trattamenti termici intensi.
Qui non c’è dose che tenga: sono estremamente pericolosi per la salute e nello specifico predispongono l’organismo a patologie cardiovascolari e neurodegenerative.

La cottura dell’olio: quando i grassi si denaturano.

Qualsiasi processo tecnologico applicato a un alimento (dalla semplice cottura a processi più complessi) modifica inevitabilmente la struttura dei nutrienti contenuti al suo interno.

Quando si scalda un grasso (in particolar modo un olio o un burro) ad alte temperature (come per la frittura), bisogna fare in modo che non raggiunga il cosiddetto punto di fumo, temperatura alla quale iniziano a prodursi sostanze volatili dannose per l’organismo.

Più il punto di fumo è basso, più sarà bassa la temperatura
alla quale il grasso si denatura producendo composti tossici.

Quando la scoperta del punto di fumo ha spopolato, la maggior parte degli esperti ha iniziato a consigliare l’impiego di olio extravergine di oliva – da sempre il must del condimento a crudo – anche per le fritture.

Beh, a dir la verità qui è doveroso mettere qualche puntino sulle i.

L’olio extravergine d’oliva possiede una serie di caratteristiche (viene estratto per spremitura, non subisce raffinazioni, contiene le naturali impurezze…) che non gli permettono di avere un punto di fumo così elevato da poter sostenere adeguatamente una frittura prolungata.

Inoltre, la cottura dell’olio extravergine in generale può portare alla degradazione (termica) di alcuni microcomponenti importanti. Per questa ragione è preferibile – in generale – consumare olio a crudo (prediligendo la cottura al forno, al vapore, con acqua…).

Aspettiamo a disperarci, l’alternativa c’è e si chiama olio d’arachide: elevato punto di fumo, sapore piuttosto neutro e costo accessibile. Le ha tutte.

Ma allora… l’“olio per friggere” del supermercato?
Gli oli di semi che troviamo in commercio sono ricchi di grassi polinsaturi (quelli con tanti doppi legami) facilmente soggetti a perossidazioni: il calore attacca facilmente proprio quei doppi legami che li rendono così speciali.

I grassi fanno bene, alcuni tipi in particolar modo… ma in che dosi?

I LARN raccomandano un apporto dietetico pari al 20-35% dell’energia totale assunta. Questa quota è leggermente aumentata per bambini (per i quali si raggiunge il 40%), per gli sportivi e per soggetti in condizioni fisiologiche e fisiopatologiche specifiche.

La quota lipidica deve essere poi suddivisa e declinata tra le sue componenti (grassi polinsaturi, omega-3, omega-6…).

Ciò che è mandatorio è l’apporto dei grassi saturi al di sotto del 10% delle calorie totali giornaliere per tutte le classi di età e del colesterolo al di sotto dei 300 milligrammi al giorno, salvo patologie specifiche.

L’apporto di acidi grassi trans – quelli tanto cattivi – deve essere evitato il più possibile: non date le merendine ai bambini.

Cosa metto nel piatto?

I condimenti prescritti dal Piatto Sano si riferiscono all’olio extravergine d’oliva a crudo.

Le dosi giornaliere specifiche vanno personalizzate dal dietista competente in base alle caratteristiche fisico-cliniche del soggetto.
L’olio extravergine può essere poi sostituito nel pasto da altri alimenti fonti di grassi, a patto che non sia pratica quotidiana: sostituire quotidianamente l’olio extravergine con frutta secca o avocado sbilancerebbe il rapporto omega-6:omega-3 e l’apporto quotidiano di grassi monoinsaturi. Anche in questo caso, l’intervento di un professionista può fare la differenza.

Attenzione: la frutta secca e la frutta essiccata non sono la stessa cosa.
Si parla di frutta secca quando ci si riferisce a noci, nocciole, pinoli, mandorle, semi di zucca, semi di lino, semi di girasole e i semi e semini vari. Si parla di frutta essiccata quando ci si riferisce a frutta disidratata, come per datteri o prugne secche.

UNA PORZIONE DI FRUTTA E VERDURA – i contorni

Metà del piatto sano di Harvard è occupata da frutta e verdura.
Ma la frutta è davvero un contorno?

In realtà no.
In Italia, infatti, abbiamo rimosso la frutta dalla grafica del Piatto Sano di Harvard, fornendo la possibilità di poter scegliere se consumarla o meno.

Quindi…

Si può mangiare la frutta a fine pasto?

Sì, a patto che vengano rispettate le dosi giornaliere di zuccheri semplici e che non coesistano controindicazioni in merito (difficoltà di digestione, appesantimento post-prandiale, alterazioni a carico del metabolismo glucidico).

Insomma, il criterio di inserimento della frutta a fine pasto è in primo luogo il gradimento del paziente, in seconda battuta il suo stato di salute e la tollerabilità a questo inserimento.

Si può mangiare “tutta la frutta e verdura che vuoi”?

La frutta è ricca di zuccheri semplici che, qualora assunti in eccesso, predispongono il nostro corpo a una serie di patologie metaboliche anche gravi. In linea di massima, dunque, non è ragionevole mangiare tutta la frutta che vogliamo.

In Italia abbiamo importato la regola del five a day (cinque al giorno) americana, che prescrive l’assunzione di cinque porzioni di frutta e verdura al giorno.

Calcolando le due porzioni di verdura impiegate a pranzo e cena, restano tre porzioni di frutta al giorno.

Questo significa che ogni giorno dovrò mangiare tre frutti? Ovviamente no.

Il piano nutrizionale personalizzato è frutto di meticolosi calcoli che riguardano l’intera settimana.
Il professionista della nutrizione è consapevole del fatto che probabilmente un giorno mangerete un solo frutto, un giorno tre, un giorno due. È la media della settimana che fa la differenza.

Infine, il principio della stagionalità e dell’associazione di più colori possibili deve essere alla base della scelta di frutta e verdura. Ogni colore, infatti, corrisponde a una specifica classe di antiossidanti.

Più colori associamo, più antiossidanti introduciamo.

L’ACQUA E IL FABBISOGNO IDRICO

L’acqua è il principale componente del corpo umano, costituendo il 55-60% del peso corporeo nell’adulto e il 75% del peso corporeo nel neonato (chissà perché dicono che la pelle idratata rende giovani…).

Soddisfare il fabbisogno idrico è fondamentale per la nostra salute, per le nostre prestazioni cognitive e per quelle sportive.

Però… però la maggior parte di noi non beve abbastanza.

Quanta acqua al giorno? Il fabbisogno idrico.

L’acqua che riusciamo ad assorbire proviene dalle bevande, dagli alimenti e dal metabolismo dei nutrienti (acqua metabolica o endogena).

Il fabbisogno minimo di acqua viene definito come il quantitativo che garantisce l’equilibrio con le perdite (urine, sudore, feci, vomito…), previene gli effetti negativi della disidratazione e garantisce l’eliminazione del carico renale potenziale dei soluti.

I fabbisogni espressi dai LARN tengono conto della quota di acqua assunta con alimenti e bevande (non è compresa la quota di acqua metabolica, difficile da stimare) che è pari a 2 Litri – 2 Litri e mezzo per donne e uomini, leggermente maggiore per donne in gravidanza e allattamento e pari a 800mL al giorno per i lattanti.

Attenzione: la maggior parte di noi non solo non beve abbastanza, ma non sa bere.

Non bere neanche un goccio d’acqua nel corso dell’intera giornata e soddisfare il vostro fabbisogno idrico in un solo pasto non equivale a fare il vostro bene.

Don’t drink your calories: le bevande zuccherate e gli alcolici.

Gli alcolici e le bibite, si sa, piacciono tanto. Ricordano le feste, gli amici, le cene.

Come anche nelle migliori storie, però, c’è anche l’altra faccia della medaglia.

Don’t drink your calories è un motto americano che si riferisce alla raccomandazione di evitare l’assunzione di bevande zuccherate (anche quelle “solo zuccheri della frutta”, mi raccomando).

Non esiste alcun beneficio valido per preferire le bevande zuccherate o gli energy drinks all’acqua: questi prodotti apportano calorie vuote (calorie senza nutrienti), non dissetano, alterano la glicemia e – anche nelle loro varianti a basso contenuto calorico stimolano l’organismo a volere ancora più zucchero.

Zucchero (o edulcorante) che richiama zucchero.

Il consumo di acqua va preferito anche all’assunzione di alcool, l’etanolo, sostanza non nutriente a contenuto calorico pari a 7 Calorie su grammo di prodotto (maggiore di carboidrati e proteine).

Un eccessivo consumo di alcolici aumenta il rischio di patologie quali cancro, ipertensione, pancreatite cronica, patologie epatiche, neuropatie neurodegenerative… e incidenti.

Di norma, si definisce come non rischiosa l’assunzione di una unità alcolica al giorno per la donna e due per l’uomo.

Alcune condizioni fisiologiche e/o patologiche richiedono l’astensione totale e tassativa dal consumo di bevande alcoliche di qualsiasi tipo: donne in periodo pre-gravidico, gravidanza e allattamento, soggetti di età inferiore ai 18 anni, epatopatie, patologie digestive, dipendenze, assunzione di farmaci particolari.

Per il resto, una dieta bilanciata può ammettere il consumo contenuto di alcolici anche in regime di dimagrimento.

Si può bere acqua durante il pasto?

Sì, a patto che non sussistano patologie o disturbi digestivi particolari.

IL PASTO COMPLETO: qualche esempio

Con questi due articoli e il Piatto Sano alla mano, abbiamo tutti gli strumenti per poter comporre un pranzo o una cena bilanciati.

Pasta, legumi e insalata verde.
Pane, affettato e carote.
Riso, pesce e pomodori.
Pasta al pomodoro con un cucchiaio di formaggio grattugiato.

Il tutto condito con olio extravergine d’oliva a crudo, nelle giuste dosi.

Il piatto sano di Harvard ragiona per porzioni e, in particolare, per volume di porzione. Per conoscere la grammatura cui corrisponde alla tua porzione, sono necessari i calcoli di un professionista della nutrizione (dietista, dietologo o biologo nutrizionista) che assicurino il soddisfacimento dei fabbisogni di energia, macronutrienti e micronutrienti.

Per richiedere una consulenza e un piano nutrizionale personalizzato o semplicemente approfondire l’argomento, presso il Centro La Trottola puoi contattare la Dietista Dott.ssa Alessia Campopiano scrivendo a centrolatrottola@gmail.com

Riferimenti:

SINU – Società Italiana di Nutrizione Umana, Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia (LARN), revisione del 2012

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